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Parma e lo sbadiglio ruggente

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Dal giorno dello scandalo che ha esaltato l’amministrazione in carica, 24 giugno e 11 arresti per corruzione, l’indignazione alla parmigiana non ha saputo andare oltre qualche centinaio di individui, impennata l’ultima volta dalla presenza di pentole: aumenta il rumore, ma le centinaia son sempre quelle. Brutto segno.

Sembrava un ruggito, era uno sbadiglio venuto da un sonno profondo. Parma ha fatto notizia, siamo finiti su tutti i giornali: la Parigina Ducale che si indigna sotto i portici del Comune! Il timore forte è che lo sbadiglio non lasci seguito al risveglio, che quelle centinaia di “realmente contro” siano un mucchietto che non contagia, che Parma la Rebelde preferisca indignarsi su facebook, che il climatizzatore non refrigera la piazza e l’afa fiacca il cambiamento.

Per un attimo s’è accarezzata l’idea che questa città si ricordasse di Guido Picelli e delle Barricate del ’22, passando per la Resistenza, tempi e talenti durante i quali l’indignazione era un modo di essere, la ribellione un gesto istintivo. Chi si aspettava una epidemia di coraggio e partecipazione è rimasto a bocca asciutta, c’è un’altra estate che incalza, ormai s’è prenotato e se non vai paghi pure la penale.
L’onda è rimasta una promessa di tsunami non mantenuta, è stato un grido che ha fatto solo tremare le finestre del palazzo, subito protetto in tenuta antisommossa dalla polizia confusa: siamo qui per respingere chi vuole entrare o per catturarli tutti mentre sono dentro?
Il sindaco Vignali ha perso qualche assessore, soldati semplici che il mercato dell’usato rimpiazza a poca spesa, le indagini vanno avanti, il palazzo regge, la città tollera e se glielo chiedi… s’indigna, offesa da retorica domanda.
Quante parole sferzano il potere, il vento cambia ma non soffia mai troppo forte per abbattere i mulini. Parma incarna il Paese Italia: il tempo per indignarsi era prima, quando il fiume era dentro al letto. Ora che quel letto non basta più, la grande ammucchiata deve sperare che gli argini tengano la piena.
E’ tempo di pagare il nostro sonno e di ripartire da zero, la stessa velocità alla quale ci muoviamo da troppo tempo.

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