Stati Uniti, Onu, e gli invitati imbarazzanti: i Talebani. Chi se lo sarebbe immaginato un menage a trois simile, ai tempi di George W. Bush? E invece così è stato: i delegati delle tre parti si sono incontrati recentemente in Malesia, anche se non ci sono ben pochi dettagli a riguardo. L’amministrazione di Barack Obama lo ripete da tempo: con i guerriglieri islamici bisogna trattare, a patto che rinuncino alla violenza e ai legami con Al Qaida.

Wahid Mujda, che era al governo quando i Talebani erano al potere, ha confermato che “i negoziati sono cominciati, e c’è interesse” da parte dei “nemici”. In passato i guerriglieri islamici “avevano detto che non avrebbero mai partecipato ai negoziati se gli Usa non lasciavano l’Afghanistan, ma ora sembra che il problema sia risolto, e che quella importante condizione sia stata messa da parte”.

In effetti quello in Malesia non è stato il primo incontro tra americani e Taleban. Le notizie sono frammentarie, ma ci sono stati almeno altri tre vertici promossi dall’amministrazione americana, di cui uno in Qatar e uno in Germania. Il delegato dei guerriglieri islamici era Mohammed Tayeb Agha, un aiutante del famigerato Mullah Omar. Dal lato americano c’era Jeff Hayes, il numero due di Marc Grossman, l’inviato speciale per l’Afghanistan che ha preso il posto di Richard Holbrooke.

La comunità internazionale, d’altra parte, ha già cominciato a tendere la mano ai “nemici”, togliendo alcuni dei loro nomi dalle liste nere delle Nazioni Unite, e sollevandoli così da pesanti sanzioni. C’è poi una richiesta da parte dei Taleban che potrebbe essere esaudita: la creazione di un ufficio politico. Sarebbe un modo per legittimarli, e un primo passo per farli entrare nel governo di Kabul. Ci sono state trattative per aprire questo ufficio all’estero: in Turchia, oppure in Qatar. Da lì si potrebbero fare passi avanti, anche se le incertezze sono parecchie.

A Washington c’è molta cautela riguardo l’iniziativa di avvicinamento ai Talebani, citata da Obama nel suo recente discorso sul ritiro dall’Afghanistan, anche se il presidente non ha snocciolato promesse o impegni precisi. La realtà è che alcuni esperti dell’area afghana, come Harun Mir, ritengono che il ritiro potrebbe rafforzare i ribelli, i quali potrebbero rovesciare il tavolo delle trattative.

“L’obiettivo dei Talebani è prendere il controllo del Sud del Paese – sottolinea Kir – e quindi molto dipende da quello che succede da qui alla fine dell’anno: se i Talebani tornano a Kandahar e Helman, riprenderanno lo slancio che, fino ad ora, tutti dicono essere stato spezzato”.

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