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Bologna, venticinque mila persone. La Woodstock dell’Italia che si indigna

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La Woodstock dell’Italia che s’indigna è una fossa dei leoni che nemmeno allo stadio San Siro. Almeno venticinquemila persone, tutte accalcate attorno ad un palco quadrato posto al centro di una villa Angeletti che mai aveva visto una massa di popolo così strabordante.

Michele Santoro dopo un’ora di programma ancora non s’è palesato, se non per pochi fortunati che si sono piazzati ai lati di un corridoio fatto di transenne che fa passare ogni singolo personaggio che salirà sul palco.

E’ stata invece Serena Dandini ad aprire Tuttiinpiedi! appellando il pubblico “covo di comunisti”. Poi l’appello accorato a Santoro con una spiritosa t-shirt dal titolo “rai pride”: “Michele ti devo riportare in Rai! Ho un euro in tasca, anzi ne metto cinque per farti fare almeno cinque puntate”.

La conduzione dell’happening è comunque un duetto: alla Dandini si accosta un Vauro modello Dante Alighieri a proporre vignette su vignette incentrate sui gironi della Divina Commedia. E se all’inferno c’è sempre il presidente del consiglio, nel girone degli inciucioni c’è un segaligno D’Alema che ancora ci prova con quell’amico Berlusconi da cui non riesce a separarsi.

Vauro ne ha comunque anche per Marchionne. Tutto ignudo a subire scudisciate da due infernali nerboruti, con una dolorosa dose suppletiva: lo “straordinario”. Infine l’omaggio ad Altan e al nobilissimo Cipputi che per una volta si disfa simbolicamente dello storico ombrello in culo regalandolo ad uno spaventato Marchionne.

Tuttinpiedi! riparte subito in pieno stile Annozero. Corrado Formigli lancia il filmato del Brunetta furioso e poi inaugura “l’Italia peggiore”, quella parte di paese che il ministro della funzione pubblica ha offeso con la sua solita arrogante sicumera. Sfilano precari del settore pubblico, della scuola, dell’università. E sono agguerriti.

C’è Maurizia Russo Spena, la ragazza che a Brunetta aveva posto una domanda senza ricevere risposta. Due lauree, due master, un dottorato e una vita paurosamente precaria. “Troppi i titoli” per questa matura orientalista e la ragazza avverte: “ministro, la prossima volta non dovrà vedersela solo con me, ma con una piazza piena di indignati!”

Dopo la Spena è la volta di Barbara Evola, insegnante precaria, siciliana incazzata: “la scuola deve dare a tutti gli stessi strumenti per poi aver un posto in questa società”. Infine il ricercatore precario Enrico Natalizio: “basta con questa finta lotta ai baroni che ha nascosto i problemi reali dell’università”.

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