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Lassini: uno per tutti,
tutti per uno

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Esiste un risvolto grottesco nella nauseante vicenda dei manifesti a carattere eversivoVia le Br dalle procure, affissi a Milano qualche giorno fa. Ha il nome e le sembianze di Roberto Lassini, candidato del Pdl al Consiglio comunale di Milano e orgoglioso autore delle affissioni. A Lassini, nelle ultime 24 ore, è toccato essere impallinato da numerosi esponenti del Pdl e del governo, ad eccezione della sempre più sguaiata sottosegretaria Santanchè, che giustifica l’iniziativa e rincara: “Il comportamento di alcuni pm è sovversivo, vogliono ribaltare la democrazia”. Niente scuse dall’esemplare di “portaurla” del Governo, ma altra benzina sul fuoco.

Fino a quando, però, Lassini non ha pensato che ricevere lezioni di moralità da Maroni, Schifani e Moratti fosse francamente troppo, sbottando: “Quello slogan è forte, è vero, ma riprende quanto detto da Silvio Berlusconi sul ‘brigatismo giudiziario’ di certi magistrati”. Come dargli torto? Lassini, al più, è il braccio; la mente, ultimamente non troppo lucida (per la verità un controllo psichiatrico potrebbe chiarirne le numerose sfaccettature), si trova alla guida del Governo.

Come dar torto, quindi, al candidato del Pdl che non vuole rinunciare alla corsa nonostante l’aut aut della Moratti? A tratti diventa tristemente condivisibile, soprattutto se si pensa che quando Berlusconi ha dato dei brigatisti ai giudici, nessuno del Pdl o del Governo ha stigmatizzato quell’indegno attacco a un potere dello Stato. Lassini, ovviamente, dice: Mi escludono perché sono indagato per un presunto reato di opinione, mentre in Parlamento ci sono ladri condannati. Non parlo solo del Pdl, ma di tutti i partiti”. Il discorso è sempre quello del bue, munito di notevoli corna, che fa la morale all’asino.

E a noi tocca assistere ad un gruppo di eversivi, classificabili semplicemente come Pdl (ma non dimentichiamoci della silenziosissima Lega Nord che se non parla si suppone avalli anche questa porcheria dei manifesti), che dopo aver fatto la frittata, avallando la follia di Lassini, fa a gara per cercare di addossare al misero candidato colpe che non avrebbe nemmeno potuto concepire, vista la dotazione di cui dispone. “Sono pronto a resistere. E se mi arrabbio ho tanto da raccontare” sibila il consigliere dimezzato. E di cosa vorrà parlare? Del mandante? Del finanziatore? Fossi nei panni si Silvio darei a questo giovane ciò che chiede, o all’orizzonte appariranno nuovi guai.

Rimane – e purtroppo quello no, non fa ridere – il dolore per i familiari dei magistrati uccisi dalle Br. Rimane l’amarezza di farli assistere a questo squallido teatrino. E commuove la richiesta di uno di loro, Massimo Coco, figlio del procuratore generale della Repubblica di Genova, primo magistrato ucciso dalle Brigate Rosse: “Ora ci vorrebbe una parola da Berlusconi”. E’ meglio invece che il premier non parli, perchè altrimenti ne direbbe due, non una: “Grazie Lassini”.

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