Per 40 dei 103 dipendenti della Itc Spa di Bologna la comunicazione di cassa integrazione straordinaria arriva via e-mail e con effetto immediato. Lunedì mattina arrivando al lavoro dopo il week end, una e-mail inviata il sabato pomeriggio precedente li informa che in seguito alla cessione dell’azienda e alla riorganizzazione approvata dal Ministero del Lavoro il loro posto di lavoro è stato tagliato e che quindi non si devono più presentare al lavoro a partire dal giorno stesso.

Fino all’8 marzo scorso l’azienda manifatturiera, che realizza la prima linea della collezione Gianfranco Ferré, faceva capo dal 2002 alla It Holding che due anni fa era entrata in amministrazione straordinaria in seguito al crack dell’impero dell’abbigliamento fondato da Tonino Perna e che oltre a Itc controllava anche la casa madre Ferré e Nuova Andrea Fashion Spa entrambi con sede a Milano. Dalla settimana scorsa l’intero complesso aziendale Ferré è passato a Paris group di proprietà della famiglia Sankari di Dubai già proprietaria di Cardin e Balmain.

La cessione all’azienda araba ha portato a una riduzione notevole del personale, infatti da lunedì scorso Itc Spa conta 63 dipendenti contro i 103 della settimana scorsa.

“E’ assolutamente inaccettabile il modo in cui è stata data la comunicazione ai dipendenti che entrano in cassa integrazione – ha commentato Giacomo Stagni, segretario provinciale di Felctem-Cgil -, in tanti anni non ho mai visto una mancanza simile di delicatezza e di umanità. La responsabilità non è evidentemente dell’azienda acquirente, ma dei commissari nominati dal ministero che si sono occupati della cessione. Proprio in queste ore con Cisl e Uil abbiamo scritto loro una lettera formale per chiedere spiegazione, esprimere il nostro disappunto e fare in modo almeno che la giornata di lunedì venga normalmente retribuita”.

Per le quaranta persone da quattro giorni in cassa integrazione straordinaria e che rimangono a carico della procedura di cessione, si sono dunque chiuse le porte dell’azienda per la quale lavoravano e si sono aperte quelle dell’incertezza. “In base all’accordo siglato all’inizio della settimana scorsa – spiega Maritria Coi di Felctem-Cgil di Bologna – sapevamo già il numero dei lavoratori che avrebbero perso il posto e sarebbero entrati in cassa integrazione, ma non sapevamo i loro nomi”. Era dunque nell’aria: i lavoratori di Itc sapevano, e per una settimana hanno continuato a lavorare nell’ansia, senza sapere se il loro nome era nella lista “nera” o se sarebbero stati inseriti nei percorsi di riqualifica previsti dall’accordo di cessione. Per i 63 dipendenti che restano in Itc, infatti, in base alla legge 102 è prevista la cassa integrazione al 100% dello stipendio e la formazione interna, anche perché la nuova proprietà ha intenzione di spostare a Bologna anche parte delle lavorazioni di altre aziende che controlla.

Ma chi sono le quaranta persone tagliate dall’organico di Itc? La gran parte sono donne, ancora lontane dall’età pensionabile e soprattutto con un’alta professionalità e specializzazione. “Hanno le mani d’oro, basti pensare che preparavano i capi da sfilata per la casa madre”, commenta ancora Coi.

I criteri usati per scegliere i dipendenti da escludere dall’organico dell’azienda rappresentano poi, secondo i sindacati, un altro punto dolente. “Nei confronti dei lavoratori la trasparenza è doverosa – spiega Luciana Renda di Femca-Cisl –, per questo motivo abbiamo chiesto formalmente che vengano rese note le modalità di selezione, perché a oggi non è chiaro quali parametri siano stati usati”.

I lavoratori di Itc che perdono il posto vanno dunque ad ingrossare le fila di chi cerca un nuovo impiego del settore moda e confezioni, che negli ultimi anni è stato duramente messo in crisi a Bologna da tracolli di grosse aziende come La Perla, che ha recentemente ottenuto la proroga di un anno della cassa integrazione straordinaria per 820 lavoratori.

di Sara Olivieri

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