Il 17 Marzo 1861 venne promulgata la legge 4671 che proclamava ufficialmente la nascita del Regno d’Italia. Con quella legge di sette stati se ne fece uno. In 150 anni siamo cresciuti. I cittadini dello stivale all’epoca erano 22 milioni. Oggi siamo un po’ più di 60. Siamo tanti, siamo diversi, siamo tutti italiani. La festa di oggi ha però un sapore amaro. Non è decollata, perché facciamo fatica tutti a renderci conto di quanto l’unità sia una risorsa irrinunciabile. Certo, l’attuale governo non aiuta nel farci provare sentimenti di unità se tra le sue fila annovera gente che ancora si attarda in cerimonie da druidi e fa azione continua di divisione, su tutto. I consiglieri regionali dell’Emilia Romagna della Lega Nord hanno partecipato alle celebrazioni solenni in consiglio regionale ma sono entrati in aula solo dopo l’inno nazionale. Stessa cosa hanno fatto quelli Lombardi. Quando penso all’Italia e a questi nostri governanti mi vengono in mente le parole della canzone di Franco Battiato “Povera Patria”. Il cantante siciliano canta così:

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere

di gente infame, che non sa cos’è il pudore,

si credono potenti e gli va bene quello che fanno;

e tutto gli appartiene.

Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!

Questo paese è devastato dal dolore…

ma non vi danno un po’ di dispiacere

quei corpi in terra senza più calore?

Non cambierà, non cambierà

no cambierà, forse cambierà.

Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?

Nel fango affonda lo stivale dei maiali.

Me ne vergogno un poco, e mi fa male

vedere un uomo come un animale.

Non cambierà, non cambierà

si che cambierà, vedrai che cambierà.

Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali

che possa contemplare il cielo e i fiori,

che non si parli più di dittature

se avremo ancora un po’ da vivere…

La primavera intanto tarda ad arrivare.

Non possiamo nascondere la fatica che facciamo nel sentire passione per la festa di oggi. Sarebbe mentire. Parimenti non possiamo nasconderci il dovere di fare arrivare quella primavera. L’unità del Paese è fondamentale. In questa epoca di crisi economica, politica, sociale, o ci riprendiamo tutti insieme o non ci si riprende. Iniziamo dalla cultura, dall’educazione civica e dai simboli. Mi sorprende che in Italia ci si scaldi per un crocifisso alle pareti dei pubblici uffici e nessuno chieda di appendervi almeno il testo dei primi dodici articoli della Costituzione, i principi fondamentali del nostro vivere assieme. Sarebbe bello succedesse una volta ripiegato il tricolore che allieta in questi giorni l strade dello stivale.

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