Le ferrovie italiane si sono messe a parlare inglese. Almeno così crederanno i passeggeri che da qualche tempo nelle nostre stazioni sentono annunciare i treni anche nella lingua di Shakespeare. Peccato che a leggere i testi non sia un madrelingua, a dire il vero neanche un italiano, anzi neppure un essere umano, ma un lettore automatico. Così i nomi delle destinazioni vengono deformati e pronunciati con la fonetica inglese: Milano diventa Mailano, Torino fa Toraino, Chiasso fa Ciàisso e via di seguito. Di conseguenza, anche le stazioni dovranno adeguarsi e prevedere nuovi terminali con adeguati cartelli, come Firenze Rifraidai, Roma Termainai e Napolai Centreilii. Con ripercussioni inevitabili anche sui biglietti. Va da sè che un treno con traduzione costerà di più. Non sarà certo la stessa cosa prendere un Eurostar e uno Iurostar, un Interregionale e un Interrigaioneilii. Per non parlare dell’Intercity, che come sa bene Gianni Morandi, in inglese si dice Taxi Driver.

L’inglese ferroviario diventa così una nuova variante di inglese. Lo si potrà imparare facilmente sfogliando l’orario Veltro con testo inglese a fronte. O anche solo restando comodamente seduti in sala d’aspetto almeno mezz’ora al giorno ad ascoltare gli annunci. Non sarà più necessario spendere soldi in costosi soggiorni all’estero. Le scolaresche della riforma Gelmini potranno imparare l’inglese in treno, meglio se in ritardo. Più fermate farà, più rapido l’apprendimento. Col Fricchaia Rossaa non si impara niente. Sarà l’inglese dei pendolari e degli studenti che ogni mattina, durante il tragitto al lavoro o a scuola, potranno conversare nel nuovo Train-English. “Basto Arzaizaio?” chiederà l’uno. “No, Gallareit!” risponderà l’altro. “Manneigg! I have persed the fermated!”

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