E’ fine d’anno e fervida è l’attesa
del messaggio di Giorgio Camomilla,
il qual nell’occasion spesso palesa
il fumoso parlar della Sibilla.

L’Italia è una nazione nella quale
si accusa di eversione la Consulta,
far fuori un sindacato è naturale,
compare tutti i dì una loggia occulta.

E’ normale annegar nella monnezza,
è continua la fuga dei cervelli,
il nepotismo pubblico è certezza,
la tassazione è ai massimi livelli.

Vige il mercato dei parlamentari,
ai media si vuol mettere il bavaglio,
i lavori son tutti da precari,
ogni giorno alla scuola si dà un taglio.

Crollano per la pioggia i monumenti,
la crescita è penultima nel mondo,
i magistrati son detti dementi,
il Parlamento sembra moribondo.

Si può dir che il paese ha dei problemi
e sarebbe opportuno un cambiamento
prima di giungere ai mali estremi
di un ancora più grave fallimento.

Ma il Capo dello Stato invocherà,
col solito parlar politichese,
il gran valor della stabilità,
cercando di salvare il vecchio arnese.

Già lo sappiam: non è Cuor di leone
e al tredici vuol giungere tranquillo,
perciò né ribaltin né ribaltone,
ma una stampella per il Gran Mandrillo.

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