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Tra Liguria e Lombardia trema l’impero di Francesco Bellavista Caltagirone

Periodo nero per l'imprenditore romano: prima l'inchiesta per il porto turistico a Imperia, ora l'affare del quartiere da costruire sui terreni "avvelenati". A cui si aggiunge un debito di quasi un miliardo
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Per Francesco Bellavista Caltagirone questo non è proprio un periodo fortunato. A Imperia i magistrati si sono messi a indagare su nomine, permessi e giri di soldi nel grande affare del porto turistico. E così sono finiti sotto inchiesta, oltre a Bellavista Caltagirone, anche il suo amico, nonché ex ministro, Claudio Scajola. La notizia dell’indagine è emersa a fine ottobre. Tempo un paio di settimane ed è arrivata un’altra tegola. Perché buona parte dei terreni nella periferia milanese infestati da veleni di ogni tipo e per questo sequestrati mercoledì dalla procura sono proprietà di Acqua Marcia, la holding capogruppo di Bellavista Caltagirone. Il quale, da quelle parti, aveva messo nero su bianco grandi progetti di sviluppo. Più di 80 mila metri quadrati di nuove costruzioni, per la metà case d’abitazione, in parte con la formula dell’edilizia convenzionata, e per il resto uffici e negozi.

“Non abbiamo costruito ancora nulla”, spiegano adesso i portavoce di Acqua Marcia. E aggiungono che si sono limitati, dopo l’autorizzazione del Comune, a dare il via alla bonifica. Che però, secondo i pm, sarebbe del tutto insufficiente a garantire la sicurezza degli abitanti. Fine della storia. O quasi. Perché da quelle parti sarà difficile costruire ancora per un bel pezzo. O forse per sempre. Tradotto in cifre significa che svanisce un affare valutato almeno 200 milioni. Brutto colpo davvero per Bellavista Caltagirone, 71 anni, cugino della più nota famiglia di costruttori-editori (“Il Messaggero” e molto altro), un finanziere che a Roma si è costruito la fama di campione dei salotti. Un uomo dalle mille relazioni che spaziano dal mondo della politica a quello degli affari. Frequenta, frequenta molto, il padrone del gruppo Acqua Marcia. E qualche volta gli capita di scivolare su un’amicizia pericolosa. Ai tempi dei furbetti del quartierino, per dire, si era legato a Gianpiero Fiorani, il capo della Popolare di Lodi, che beneficiò le aziende del sodale romano con prestiti per decine di milioni di euro. Storie vecchie, ormai. Bellavista Caltagirone se l’è cavata praticamente senza danni ed è ripartito di slancio, sostenuto da una rete fittissima di relazioni. Si va da Scajola a Marcello Dell’Utri, dall’ex ministro Antonio Martino a Marcello Pera, da Sergio D’Antoni all’ex comandante della Guardia di Finanza (ora deputato) Roberto Speciale, per non parlare dei solidi agganci in Vaticano.

Sposato in seconde nozze con una figlia del petroliere Nino Rovelli, quello dello scandalo Imi-Sir, possiede e gestisce alberghi di lusso (tra gli altri il Villa Igea e il Des Palmes a Palermo), gestisce gli scali privati degli aeroporti di Linate e Ciampino, progetta sviluppi immobiliari milionari sull’isola della Giudecca a Venezia, alla Pantanella di Roma, nell’area del Mulino Santa Lucia a Catania, giusto per citare i progetti più importanti. Bilancio alla mano, il valore dichiarato delle proprietà immobiliari del gruppo supera un miliardo e 200 milioni d euro. Nel 2008, quando è partito il salvataggio dell’Alitalia, il padrone di Acqua Marcia è stato tra i primi a rispondere all’appello di Silvio Berlusconi. Si è subito iscritto alla cordata degli imprenditori “patrioti” investendo una ventina di milioni di euro e ora siede nel consiglio di amministrazione della compagnia aerea. La sua nuova grande passione, però, sono i porti turistici. Non solo Imperia, ma anche Catania, Siracusa, Fiumicino. Bellavista Caltagirone si dice pronto a costruire e gestire centinaia di nuovi posti barca. In Liguria però è arrivato un primo stop pesante. Che si aggiunge al rallentamento generale, causa recessione, dei progetti di sviluppo immobiliare. L’anno scorso il bilancio dell’Acqua Marcia ha chiuso con uno stentato pareggio. I debiti pesano per quasi un miliardo. E adesso arrivano anche i veleni milanesi.

Da Il Fatto Quotidiano del 12 novembre 2010

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