Per disarmare i Talebani più che le bombe occorre privarli delle immense ricchezze che gli garantisce il traffico di droga.

A finanziare le loro azioni di morte, infatti, sono le centinaia di milioni di euro che ricavano dalle 400 tonnellate di eroina che ogni anno si producono in Afghanistan.

Dividersi tra chi vuole consentire ai nostri aerei di bombardare e chi no appaga sicuramente la fame mediatica di contrapposizioni pronte per l’uso.

In realtà non cambierebbe molto: le bombe dette intelligenti colpirebbero inevitabilmente anche i civili, i quali avrebbero comunque alte probabilità di morire sotto il terrore talebano.

In un mondo drogato dal proibizionismo, rimane un tabù ammettere che senza l’esplosione nella produzione di oppio in Afghanistan, il ritorno dei Talebani e la riorganizzazione di Al Qaeda con i suoi campi di addestramento non sarebbero stati possibili.

Per eliminare gli ordigni talebani basterebbe legalizzare l’oppio a fini terapeutici, utilizzando quello prodotto dai contadini afgani per il mercato legale dei medicinali, in particolare per gli anti-dolorifici di cui l’Onu da anni denuncia la crisi nell’approvvigionamento mondiale, soprattutto per i paesi del terzo mondo (La domanda di produzione legale di oppio è enorme – oltre diecimila tonnellate l’anno – e l’Onu calcola che non se ne copre neppure l’80%).

La verità è semplice ma indicibile: l’unica bomba intelligente è quella antiproibizionista.

Il fallimento della lotta alla droga è la principale causa del fallimento politico, economico e militare in Afghanistan.

Azzerare il prezzo delle droghe determinerebbe l’immediato crollo dei giganteschi profitti delle narco mafie che armano il terrorismo non solo afgano. Lo stesso fiume di denaro che destabilizza decine di Stati, dal Sudamerica alla stessa America centrale (24 mila morti in Messico, una vera guerra civile)  e che inquina economie e società di tutto il mondo, Italia in testa.

A rischio di nuove eresie, è tornato il momento di porre anche in Italia la priorità antiproibizionista.

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