Band Aid, Live Aid, Live 8 e sempre Africa, tanta Africa. Da più di 25 anni il cantante Bob Geldof promuove concerti e iniziative per la pace, la remissione del debito ai paesi poveri cercando di sensibilizzare il maggior numero di persone possibile sul problema della povertà e della fame nel continente africano. Ha coinvolto decine di colleghi, ha portato sul palco politici e star internazionali dello spettacolo. Approfittando della sua visibilità ha veicolato messaggi scomodi, dirompenti, che forse, senza il suo impegno, non avrebbero mai avuto così tanto spazio nei media. Per alcuni è diventato quasi un eroe, un esempio da seguire. Per molti altri avrebbe portato all’Africa più danni che benefici, sfruttando i problemi altrui per rilanciare una carriera che, in termini artistici, non avrebbe avuto più niente da dire. Del resto è normale: quando ci si espone sulla scena pubblica per abbracciare cause sociali e umanitarie le critiche sono inevitabili, fanno parte del gioco. E il gioco, proprio in questi giorni, sembra farsi interessante per la pop star irlandese. Stavolta, però, in termini di affari.

“Bob Geldof in prima linea per un fondo africano”, titola il Telegraph. A prima vista sembra l’ennesima raccolta di donazioni per le popolazioni povere. E invece no. L’obiettivo stavolta è diverso. Geldof starebbe per lanciare un fondo di private equity per comprare partecipazioni azionarie in imprese africane. “Se il fondo sarà lanciato con successo, potrebbe essere uno dei più importanti, in un’ondata di nuovi prodotti finanziari che vogliono approfittare della ripresa economica del continente”, aggiunge il Financial Times. L’agenzia Reuters è più precisa: “è il momento giusto per fare affari in Africa. Il prodotto interno lordo del continente è cresciuto del 4,9% dal 2000 al 2008, più del doppio della crescita registrata nel decennio 1980-1990″. Sono dati pubblicati dalla società di consulenza McKinsey, che raccontano una storia già nota: la fame di materie prime della Cina ha spinto la potenza asiatica a cercare petrolio, legname, rame e diamanti in molti paesi africani che, nel giro di pochi anni, hanno visto aumentare in modo esponenziale gli investimenti esteri.

Il fondo di Geldof, che si chiamerà 8 Miles (otto miglia), ha già richiamato l’attenzione di investitori istituzionali di altissimo livello. L’African Development Bank (banca pubblica per lo sviluppo dell’Africa) ha offerto 50 milioni di dollari. Lo stesso ha fatto l’Internal Financial Corporation, braccio finanziario della Banca Mondiale. Una fonte vicina al progetto ha dichiarato al Financial Times che Geldof intenderebbe sfruttare “il profilo che
ha iniziato a costruirsi 25 anni fa, quando lanciò l’appello contro la carestia in Etiopia, mettendo in gioco i contatti di alto livello che si è creato per raccogliere fondi e chiudere contratti vantaggiosi”. Ma il cantante-businessman dovrà stare molto attento: “il suo fondo dovrà essere il più trasparente e pulito possibile”, commenta Reuters. “Dato il profilo di Geldof, il rischio che 8 Miles investa in imprese coinvolte anche marginalmente in affari controversi potrebbe mandare all’aria tutte le prospettive di sviluppo”.

Non si sa ancora in quali società investirà il fondo. Sappiamo solo che saranno fatti circa “20 investimenti, ognuno tra i 15 e gli 80 milioni di dollari, nell’agricoltura, nei servizi finanziari e nelle telecomunicazioni”.
La scelta del settore agricolo fa sorgere già da adesso più di una domanda. Bob Geldof si è sempre dichiarato a favore dei biocarburanti, che sarebbero in grado di “cambiare la vita delle popolazioni rurali in Africa”. L’importante è che, per coltivare le piante da cui si ricava il biodiesel, non si sottraggano terreni alla produzione agricola. Questo Geldof dovrebbe saperlo bene. Speriamo che, con il suo fondo, riesca anche a dimostrarcelo. Magari pubblicando al più presto sul sito internet di 8 Miles la lista completa delle imprese nelle quali investirà. Per darci la possibilità di capire e, se necessario, di avanzare le nostre critiche.

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