di Marcello Ravveduto

«Pronto Ugo?» «Salvato’ mi chiamo Ketty ‘o vuo’ capi’!». Questo potrebbe essere l’inizio di una telefonata tra Salvatore Gabriele, 29 anni, e suo fratello Ugo, di due anni più giovane, detto Ketty, appunto. Salvatore per mestiere fa lo “scissionista” a Secondigliano. Gli “spagnoli” gli hanno offerto l’opportunità di mettersi in proprio e fare i soldi, quelli veri. Salvatore non ci pensa molto, prende la pistola e parte in guerra contro il clan Di Lauro. Dopo la vittoria degli “spagnoli”, Salvatore chiede il conto: vuole entrare nel giro grosso dello spaccio e diventare un rifornitore nazionale per piccoli gruppi di venditori al dettaglio. Naturalmente la base operativa rimane Secondigliano, ma ha bisogno di qualcuno che mantenga il controllo della rete di piccoli spacciatori. Di chi può fidarsi? Non c’è dubbio l’unico è suo fratello Ugo che da quando ha cominciato a prendere gli estrogeni e a depilarsi si fa chiamare Ketty.

Il nome è molto conosciuto dalle parti della stazione centrale di Napoli dove aspetta i clienti seduta in macchina o appoggiata allo sportello. Certo quella voce ancora doppia fa un po’ sorridere ma è molto ricercata anche perché vende la cocaina a poco prezzo. Dopo la “promozione” del fratello anche Ketty ha dovuto rimodellare i suoi “impegni professionali”. In assenza di Salvatore deve tenere d’occhio le piazze di spaccio, tagliare la droga con la “monnezza”, distribuire incarichi e dosi ai corrieri e agli spacciatori, dare le “mesate” ai pali, fare qualche regalo alle famiglie conniventi. Qualcosa lo tiene per sé, così, quando di notte vende “una bustina” al cliente di turno, intasca i soldi con il permesso del fratello.

Quando è stata arrestata (febbraio 2009) i giornali nazionali hanno commentato l’episodio come una modernizzazione delle regole interne alla camorra: fino a quel momento i trans potevano essere solo carne da macello da sfruttare come spacciatori mentre battono il marciapiede. Ora con Ketty si può parlare di “orgoglio trans criminale”. E allora giù commenti sull’omofobia delle mafie e sul machismo simbolo di potere. Solo la stampa gay ha ricordato che già nell’Ottocento a Napoli c’era un fiorente mercato di “carne umana” (così lo definisce Abele De Blasio) a disposizione di chi non poteva esprimere liberamente la propria omosessualità.

A ben vedere l’episodio è uno dei tipici intrecci tra cultura popolare e sentire camorrista, un amalgama tra tradizione partenopea e modernità affaristica. Se i giornalisti fossero scesi nei meandri della cultura comunitaria napoletana si sarebbero accorti che il “femminiello” appartiene all’universo sociale dei vicoli del centro storico, una galassia di atteggiamenti e di figure da cui trae origine anche la camorra e il camorrista. La plebe tollerava l’uno e l’altro, il femminiello e il camorrista: il primo perché imponeva con la violenza un ordine criminale al disordine urbano caratterizzato da mille traffici, il secondo perché portava fortuna. Capite bene che valore potesse avere un simile personaggio nella città più scaramantica d’Italia. Questo forse ha anche aiutato i napoletani a tollerare più di altri la diversità: il femminiello può essere canzonato e ironicamente sbeffeggiato ma non ha mai suscitato alcun rigetto, nessun sarcasmo o, peggio ancora, una violenza mirata. Un esempio significativo di questa ilarità riguarda direttamente la nostra Ketty. Infatti su Facebook è apparso gruppo dal titolo significativo: “i fans di Ketty, la barbie trans e camorrista”. Il fondatore finge di mettere in vendita una versione transessuale e criminale della nota bambola con tanto di accessori: «Stivali pitonati con il doppio fondo per il trasporto di coca; reggiseno con punte acuminate per stringere le Brats infami in un abbraccio mortale; lupara laccata argento per essere fashion anche durante gli agguati».

Insomma il femminiello appartiene alla sacralità della mitologia urbana e, come tale, non può suscitare apprezzamenti di vero dileggio e comportamenti violenti. Anche perché intorno alla sua effige si perpetuano riti antichissimi quale la cosiddetta figliata “d”e femminielli”: una cerimonia derivante dall’antico culto della fecondità. La figliata si svolge segretamente alle pendici del Vesuvio, a Torre del Greco, ed è stata descritta accuratamente da Malaparte nel suo libro “La pelle” e dalla regista Cavani nell’omonimo film. È una originale iniziazione che simboleggia la nascita del “maschio-femmina”, chiamata dagli iniziati “Rebis”, res + bis, cosa doppia. Insomma un ermafrodito che i greci consideravano essere superiore perché figlio della bellezza (Afrodite) e della forza (Ermes). A questi riti antichi e dimenticati si ricollega la credenza che il femminiello sia portatore di «una carica di magico, stando al limite del diverso, in condizione simbolica di ermafroditismo» (Achille della Ragione). Per questa ragione è invalso l’uso di mettergli in braccio il bimbo appena nato fotografandolo oppure farlo partecipare come “chiamante” alla tombola. Senza dimenticare che i femminielli partecipano attivamente a festività religiose come la “Candelora al Santuario di Montevergine” ad Avellino oppure la “Tammurriata” alla festa della Madonna dell’Arco.

La camorra si è radicata negli stessi luoghi in cui si formano queste usanze, per questo le riesce facile piegare il folklore ai suoi scopi criminali conquistando consenso popolare (tant’è che per lungo tempo è stata considerata, anche dagli stessi mafiosi, un fenomeno folkloristico). ‘O femminiello e il camorrista, che vivono nello stesso ambiente promiscuo e illegale, possono agevolmente incontrarsi. La letteratura napoletana è piena di racconti in cui le due figure si sfiorano, si incrociano e si toccano all’interno dell’intricato tracciato dei vicoli. Infine, basta osservare il successo (locale) e l’aurea di speciale ammirazione che circonda la cantante neomelodica transensuale Valentina per comprendere il rispetto che aleggia intorno a questo emblema del “cosmo” napoletano.

Ketty è l’evoluzione di un continuo mescolarsi tra mentalità popolare e mentalità camorrsistica. Il fratello Salvatore non lo allontana dalla famiglia bollandolo come “ricchione”, ma lo usa come “luogotenente portafortuna”. Se il femminiello Ugo/Ketty è latore di una carica energetica misteriosa e positiva, nata dalla duplicità della sua natura, può portare fortuna alla sua nuova carriera di boss, oltre che, in quanto fratello, può assicurare protezione agli affari di famiglia.

La mia interpretazione può sembrare un po’ forzata, ma serve per sottolineare che la camorra, per aver introiettato modelli culturali autoctoni è sempre stata la più tollerante tra le mafie perché ha origine nella comunità del vicolo. Del resto stava filando tutto liscio fin quando le forze di polizia e la magistratura non hanno rotto l’incantesimo. È proprio vero che lo Stato è laico, non crede a niente.

Il gruppo su Facebook: i fans di Ketty, la barbie trans e camorrista http://www.facebook.com/group.php?gid=50792643319&v=info&ref=ts

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