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La Gelmini e l’equivoco del tempo pieno

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Quando Maria Stella Gelmini ne parla si riferisce alle 40 ore settimanali. Come se questo fosse tempo pieno. Non sa (e non gliel’hanno chiarito) che il tempo pieno è nato prevedendo le cosiddette compresenze, ossia la possibiltà di avere due insegnanti in classe insieme per alcune ore la settimana con uno scopo preciso; consentire una didattica a misura degli alunni e delle loro necessità per migliorare il loro apprendimento. Ci sono ormai dcenni di esperienza per dimostrare che si tratta di una grande opportunità.

Per chi vuole potenziare la preparazione degli alunni più dotati, e per chi vuol recuperare gli svantaggi. Si pensi di questi tempi, ad esempio, alla crescente presenza di alunni “non italiani”, soprattutto a quelli che vengono inseriti senza che abbiano alcuna conoscenza della nostra lingua. Proprio grazie alle compresenze, più ancora che attraverso gli insegnanti cosiddetti mediatori, si deve il successo della loro integrazione. Con le 40 ore questa opportunità viene eliminata. Si tien conto solo di un’esigenza sociale dei genitori che non sanno dove lasciare i figli di pomeriggio mentre loro lavorano (necessità peraltro importante), ma non si va a preservare un presidio importante come è quello di accontentarsi di un mero servizio di contenimento. E per chi continua a parlare (ma forse solo parlare) di qualiità come sta facendo il ministro, questo mi sembra un handicap grave, soprattutto oggi che coi tagli in atto, non c’è più nemmeno traccia dei docenti mediatori.

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