Firenze – I dolori del giovane Renzi, vinta la corsa a Palazzo Vecchio, si presentano sotto forma di spine in vista del Congresso, anzi della Convenzione, del Partito democratico.

Ufficialmente Renzi non prende posizione, dichiara di esser troppo impegnato “nel mestiere più bello del mondo, fare il sindaco di Firenze”, ma non è possibile che la partita per la segreteria del suo partito non lo turbi neppure un po’. Soprattutto visti i candidati in gara.

Come può Renzi dire sì  a Pierluigi Bersani e appoggiare tutto quell’apparato di partito da cui, dalle sue coniugazioni locali (in Toscana i maggiorenti sono quasi tutti dalemiani) a quelle nazionali, ha preso le distanze facendo di queste distanze la carta vincente per conquistare la vittoria alle primarie?

Come può Renzi dire sì a Ignazio Marino, interprete di uno scontro tanto netto con la Chiesa e i settori cattolici del partito nei giorni della tragica vicenda di Eleonora Englaro? Come può prendere in considerazione questa ipotesi ora che Marino ha annunciato anche il tesseramento al Pd di quel Beppino Englaro a cui Renzi avrebbe preferito non conferire la cittadinanza onoraria (invece concessa grazie a uno degli ultimi colpi di coda del vecchio consiglio comunale)?

Come può Renzi dire sì a Dario Franceschini, ribattezzato vice disastro solo pochi mesi fa?

Matteo Renzi ha sempre espresso la sua stima nei confronti di Giuseppe Civati, ma per il suo alter ego milanese si parla già di ticket con Marino, candidato ufficiale dei “piombini”, il gruppo di trenta-quarantenni che si è riunito per la prima volta a Piombino e di cui facevano parte anche Renzi e Deborah Serracchiani (lei è al fianco del “più simpatico” Franceschini).

Rosa Maria Di Giorgi è  stata appena nominata da Renzi assessore all’istruzione, ha già deciso di schierarsi con Franceschini e “anche se non ne abbiamo ancora parlato, penso di essere in sintonia con il mio sindaco: dai tempi del vice disastro lui e Franceschini hanno ricucito, il segretario si è speso per lui durante le elezioni, quindi credo che sarebbe la scelta più naturale”. Per altri dell’area renziana più che una scelta naturale sarebbe invece una scelta quasi obbligata “che alla fine il sindaco dovrà fare, turandosi il naso, turandoselo molto”.

Un ulteriore indizio verso questa direzione potrebbe fornirlo l’appoggio a Franceschini, seppur con qualche clausola, di Francesco Rutelli. Renzi fino allo scorso dicembre non faceva mistero del fatto che Rutelli fosse il suo sponsor ai vertici nazionali del partito, ma poi qualcosa si è rotto, tanto da guardarsi bene dal partecipare all’assemblea dei Lib-dem. Ora Matteo Renzi, sindaco di Firenze, può permettersi di ballare da solo e probabilmente lo farà fino alla fine, pronunciandosi soltanto al congresso. E quando sarà il momento si turerà il naso.

Giampiero Calapà – www.ilcronista.net