Con leggerezza

Stalking, con il ddl Penale basta pagare e il reato è estinto. il Pd in imbarazzo fa mea culpa e cerca la toppa

Retromarcia - Altro che “fake news”, governo e Dem ammettono di aver depenalizzato la legge che dovrebbe tutelare le donne perseguitate: “Correggeremo”

Di Virginia Della Sala
1 Luglio 2017

Il copione è sempre lo stesso: fatta la legge, trovato il buco, messa la toppa. E in tutto questo giro, c’è un partito che si sbugiarda da solo mentre accusa gli altri di diffondere bufale.

La legge. È l’articolo 162 ter del ddl penale (relatrice la deputata dem Donatella Ferranti) approvato a metà giugno che, di fatto, depenalizza molti casi di stalking. Sintetizzando: grazie a questa nuova norma potrebbe bastare pagare una somma stabilita dal giudice (prima di andare quindi a processo) e il reato sarebbe estinto. Una forma di “giustizia riparatoria” applicabile solo nei casi di stalking a querela revocabile che, come sottolineano esperti e associazioni, sono la maggior parte. Dagli sms pressanti alle telefonate insistenti, fino all’essere perseguitati dalla presenza fisica dello stalker: sono circostanze che si manifestano più frequentemente di un coltello o di una pistola puntati alle tempie. E che non escludono, come hanno dimostrato molti casi di cronaca, un esito violento.

Il buco. Nonostante le rassicurazioni del guardasigilli Andrea Orlando, che già giovedì aveva prima parlato di “preoccupazioni non fondate” e poi aveva assicurato di essere pronto a “riconsiderare la punibilità a querela prevista nella legge del 2009”, ieri sono arrivati appelli da ogni parte del parlamento, che sul ddl Orlando ha solo potuto porre la fiducia. “Con le colleghe del Senato studieremo l’emendamento più efficace che tuteli le donne vittime di violenza” ha detto la senatrice del Pd Francesca Puglisi. “Mi associo all’invito affinché la disponibilità del Ministro a modificare la norma si traduca al più presto in fatti”, ha detto la deputata Elena Centemero, forzista come Mara Carfagna che ha invitato le ministre del governo a “vigilare” sulle modifiche che saranno apportate. “È assurdo – ha detto invece la senatrice Paola Taverna del M5s –, molesti, paghi ed è cancellato il reato. Facciamogli anche lo scontrino cortesia, così poi ritornano”. E poi, c’è la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, che durante un convegno della Cisl ha dichiarato “apprezzamento” per la volontà di Orlando di modificare la legge. Insomma: il Pd smentisce il Pd. Mercoledì, il sottosegretario di stato al ministero della Giustizia, Gennaro Migliore, aveva pubblicamente bollato come fake news (in un tweet ripreso anche dall’account ufficiale del Partito democratico) l’allarme lanciato da Cgil, Cisl e Uil e poi avvalorato dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Eugenio Albamonte. “La riforma del processo penale che prevede la possibilità che il giudice estingua il reato nel caso di riparazione del danno – aveva detto Migliore – si applica solamente ai reati procedibili a querela remissibile. Certamente non per lo stalking”. Due giorni dopo, la smentita è incontestabile.

La toppa. Tanto che ora tocca porre rimedio: dal ministero fanno sapere che la situazione (e non la norma, che resta così com’è) potrebbe essere sanata con un emendamento inserito in un altro veicolo legislativo. Potrebbe, in pratica, essere contenuta o nel ddl sugli orfani di femminicidio oppure in quello sulla prostituzione minorile. Entrambi da discutere in Senato, entrambi senza date specifiche. E il contenuto? Non ancora definito. “I giuristi ci stanno lavorando in questo momento”, assicurano. L’idea è quella di modificare la Legge sullo stalking (introdotta appunto nel 2009) rendendo il reato perseguibile d’ufficio e quindi annullando l’effetto dell’articolo del ddl penale che, pur avendo conseguenze sullo stalking, riguarda anche altri reati. “L’esecutivo – suggerivano ieri Cgil, Cisl e Uil – deve subito specificare con una norma che nessuna denuncia per questo reato rientri nella sanzione riparatoria”.

I danni.Uno studio dal titolo “Quanto costa il silenzio”, realizzato dalla ong WeWorld patrocinata dal Dipartimento per le Pari opportunità ha poi tradotto in termini economici la violenza sulle donne, quantificando accanto ai danni fisici, anche quelli morali e psicologici dalla vulnerabilità in cui si ritrova a vivere il nucleo familiare, all’impatto sulle relazioni fino alla trasmissione da una generazione all’altra della violenza: i costi “umani e di sofferenza” ammontano a oltre 14 miliardi di euro l’anno. E i dati confermano la gravità: in Italia le donne vittime di una qualche forma di violenza, nella fascia di età compresa fra i 16 e i 70 anni sono 6 milioni e 788 mila, ovvero il 31,9% del totale. Solo il 18,2 per cento di chi ha subìto violenze le considera reati e solo l’11 per cento li denuncia. E, senza la sicurezza che questa sia efficace, potrebbero solo diminuire.

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