È porno-vendetta tra teenager. “Punito” un ragazzo su venti

25 Luglio 2016

Quel periodo della mia vita è stato un incubo: mi sembrava di essere circondata da persone che avevano visto quelle foto, credevo continuamente che i miei compagni parlassero alle mie spalle. Non volevo uscire di casa, piangevo senza sosta. Non mi fidavo più di nessuno”. Poi, dopo più di un anno, è passata. O almeno così crede Elena, che oggi ha 16 anni e dice di essere “andata avanti”. Non sa che fine abbiano fatto le foto che il suo fidanzatino della terza media aveva inviato ai loro amici. “Spero solo che non escano mai fuori all’improvviso. Quando ci penso, ho un nodo alla gola, sento salire l’ansia. Ma non posso dirlo ai miei, non posso denunciare alle forze dell’ordine di aver inviato a un ragazzo alcune mie foto nuda. Non posso proprio, nonostante il rischio. Mi vergogno, mi vergogno troppo”. Elena spiega che quelle immagini sono circolate dopo che aveva rotto con il ragazzo. Una vendetta in piena regola, fatta anche di insulti e ricatti. “Un incubo, non lo auguro a nessuno”.

 

Sexting e revenge porn, anche tra i giovanissimi

Eppure è una situazione più comune di quanto si possa pensare. Lo spiega l’ultima indagine realizzata dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza insieme a skuola.net su 7mila ragazzi, di undici città italiane, che hanno fatto da campione per la ricerca. Hanno tra i 13 e i 18 anni e per un ragazzo su cinque le storie d’amore vivono e nascono sul web. Whatsapp, Facebook, Telegram. Si conoscono in chat, parlano e si scambiano soprattutto brani musicali e video. Poi, il 60 per cento esce allo scoperto incontrandosi di persona, per il 40 per cento la storia è continuata in rete.

Ma in un caso e nell’altro, c’è una piccola parte che va oltre. Richieste hot, foto in intimo o nudi, video spinti: si passa dalle frasi romantiche al sesso virtuale. Tanto che negli utitmi anni il fenomeno si è meritato una definizione a sé: è il cosiddetto sexting, definizione che nasce dall’unione tra la parola inglese sex (sesso) e texting (invio di sms) e che può diventare facilemente oggetto del cosiddetto revenge porn, il porno per vendetta.

Fenomeni noti agli adulti, con siti pubblici e programmi televisivi, ma che ormai – purtroppo – riguardano anche, e soprattutto, gli adolescenti.

 

Casi reali e implicazioni inaspettate

Lo scambio di materiale inizia tra coetanei: per gioco, per leggerezza, semplificato da smartphone e tablet che rendono sempre più facile la comunicazione online e la realizzazione di immagini e video. Poi però se ne perde traccia. Secondo lo studio dell’Osservatorio, il 6,5 per cento degli adolescenti fa sexting mentre il 5 per cento ha subito minacce o diffusione di materiale intimo privato. Ma le percentuali più preoccupanti riguardano la vendetta: il 17 per cento di chi fa sexting ha dichiarato ti aver subito revenge porn, il 18 per cento delle vittime di bullismo e cyberbullismo ha subito la porno vendetta. Che può quindi essere inclusa nelle categorie del bullismo online. A ottobre, ad esempio, i carabinieri di Montebelluna hanno denunciato ben cinque minorenni: sono stati indagati per i reati di pedopornografia virtuale e diffamazione a mezzo Internet. La denuncia era stata sporta dai genitori di una ragazza di 14 anni. Aveva conosciuto un coetaneo, avevano avuto una relazione sentimentale e il ragazzo aveva ben pensato non solo di condividere le foto che lei gli aveva mandato con un suo amico, ma anche in un gruppo formato da altri ragazzi.

“Il problema – spiegano gli esperti delle forze dell’ordine (dai Carabinieri alla postale, le azioni di sensibilizzazione nelle scuole sono intense e costanti) – è che raramente questo materiale resta nei canali di diffusione originari. Molto più facilmente, viene intercettato da adulti e pedofili e finisce in canali, data base e archivi di pedofili e servizi di diffusione di pornografia”.

 

Rimedi: ancora pochi e troppo limitati

Se negli ultimi mesi i big del digitale, da Microsoft a Google, hanno reso molto più semplice ottenere la rimozione dal web di quei contenuti diffusi per vendetta (una policy che a fine 2015 ha applicato anche il sito Pornhub, il più grande al mondo con foto e video pornografici), molto più lontana è l’emanazione di una legge ad hoc. E anche là dove è già stata emanata (in California, ad esempio) si è rivelata inefficace. È la legge di Internet: quello che va online, sopravvive per sempre.

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