Referendum Lombardia e Veneto, bel dilemma per la Meloni: meglio Salvini o Berlusconi?

8 Ottobre 2017

“Il referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto è un oltraggio alla Patria inutile e pericoloso”.

Giorgia Meloni

Sono convinto che molti elettori di centrodestra voterebbero Giorgia Meloni nel caso si svolgessero delle primarie per stabilire il leader della coalizione (la sua candidatura c’è già). Ipotesi del tutto astratta poiché sembra evidente che Silvio Berlusconi non intenda cedere un solo centimetro, e soprattutto un solo centesimo, del suo potere. E idem per Matteo Salvini, anche se di centesimi in cassa gliene sono rimasti pochini. La leader di Fratelli d’Italia può piacere per la non arroganza oltre che per il linguaggio senza fronzoli (e molto televisivo) con cui esprime le sue idee.

Sicuramente indigeste per chi non ha le stesse radici nella destra post-missina. Qualche volta condivisibili se si parla per esempio degli scandali bancari e delle truffe ai danni dei risparmiatori. Poi la Meloni è una giovane donna (e una giovane mamma), cosa che non nuoce certo alla sua immagine.

Ma (in politica c’è sempre un ma) non si è mai capito come un partito saldamente ancorato ai concetti di nazione e di unità d’Italia potesse fare ticket con la Lega Nord. Movimento che malgrado qualche frettolosa plastica facciale mantiene intatta nel dna una visione separatista (per non dire indipendentista) e per nulla solidale con il resto del Paese.

Come dimostra il referendum del prossimo 22 ottobre, quanto di più lontano dal concetto di patria e di patrioti che la Meloni predica in tutte le emittenti. Cosicché leggiamo su “Repubblica” che dentro FdI i dirigenti a lei più vicini la invitano a uscire dalla scia di Salvini, e a rompere un sodalizio “che non ci porta voti”. Che forse anzi, aggiungiamo noi, di voti può sottrargliene parecchi a favore del partner più grosso e soprattutto più intollerante sulla questione migranti.

Perché un’altra legge della politica dice che le alleanze per essere tali devono essere il più possibile paritarie e che difficilmente possono sopravvivere se tenute insieme da un semplice no: in questo caso il no all’immigrazione. Infatti quel tipo di elettori là dovendo scegliere, si sentiranno più attratti dal partito più estremista e xenofobo. Non dalla bella copia che cerca di ragionare e discutere, sovrastato da urla belluine.

Perciò la Meloni si trova davanti a un dilemma affatto semplice. Mangiare la minestra di Salvini. Oppure saltare nelle braccia di Berlusconi (politicamente s’intende).

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