Bernardo Caprotti, altro che ‘cha cha cha’. La segretaria Germana Chiodi sta ballando il mambo

26 Ottobre 2016

Ma chi se lo ricorda più Michelino, alias Michele Gramazio, il cantante che nel 1960 conquistava il mondo con il Cha cha cha della segretaria, hit planetaria cantata in spagnolo e in italiano? Testo: “Cha cha cha della segretaria, / cha cha cha, che non pensa a dattilografar…”. Oplà! Ed eccoci in pieno – tra mitologia del boom economico e sorrisini maschili – nell’immaginario dell’Homo Capufficius, un filino sotto il Sapiens, ma sempre, immancabilmente, abbellito da una figura mitica, metà badante, metà pensiero stupendo da barzelletta cochonne: la segretaria. Un mito che va dagli albori dell’umanità aziendale a oggi, punto di svolta ed epifania gloriosa, grazie alla notizia che Bernardo Caprotti, mister Esselunga, ha lasciato alla segretaria – Germana Chiodi, per i giornali, “la segretaria” – 75 milioni di euro cash, cinque volte tanto quello che ha lasciato ai nipoti. Tiè.

Colpo da maestro e riscatto definitivo di una categoria, quella della segretaria, appunto, tra le più bistrattate dalla storia. Lei, che in azienda accanto al patron è entrata nel ’68, nemmeno ventenne, ne esce oggi con più soldi di quelli che si risparmierebbero facendo a pezzi la Costituzione. Una bella liquidazione per essere stata negli anni segretaria, assistente, complice, confidente, manager, stratega e braccio destro, esperta in questioni aziendali e in gineprai famigliari.

Onore a Germana, dunque, perché le segretarie che entrano nelle cronache non sono molte, e a quelle famose non si risparmia mai un fastidioso aggettivo di tipo canino: “Fedele”, o “fedelissima”, quando non si arriva al semi-mistico “devota”. Lo era la mitica Enza (Vincenza Tomaselli), segretaria di Bettino Craxi, più di trent’anni accanto al boss, per cui finì anche in galera, e poi via, dimenticata in una casa di periferia fino al funerale senza clamori (dove si suonò, però, l’Internazionale: chapeau). Poi venne Marinella, la Brambilla, segretaria di Silvio. Una che sapeva tutto e non diceva niente, una capace di tenere in anticamera i potenti del Paese, con i suoi “il dottore arriva subito”. Organizzatrice perfetta, temuta da tutti, così dignitosa da andarsene all’inglese – grazie di tutto – quando si cominciò a vociferare di cene eleganti e signorine Olgettine, che a prendere il conquibus andavano dal ragioniere, non certo da lei. Mujer vertical, potremmo dire, estromessa dal cerchio magico delle badanti di Arcore. Anche lei, c’è da scommettere, non se la passa male, ma i 75 milioni della signora Germana no, quello è record.

Chi poi volesse entrare nel gorgo delle interpretazioni, faccia pure. Ci metta l’estremismo calvinista di patron Caprotti, che amava il supermarket più dei figli (e te credo!), e l’efficienza aziendale più della famiglia. Ma resta il fatto: la signora Chiodi vendica in un solo colpo – il tempo di aprire una busta e fare due conti – decenni di subalternità e sottomissione di una figura quasi neorealista considerata buona per battere a macchina e poco altro.

Errore fatale: le segretarie sanno tutto, vedono tutto, tengono l’agenda, sanno a chi mandare fiori e quando, conoscono peccati e peccatori. E insieme del peccato incarnano segretamente (segretamente per l’Homo Capufficius, spesso non più furbo del ficus aziendale dietro la scrivania) l’essenza, al punto di litigarsi con le infermiere la palma delle più visitate categorie di Youporn. Da oggi, grazie alla signora Chiodi e alla sua fresca e meritata ricchezza, la parola “segretaria” andrà letta con altri occhi: più alter ego, consigliera, socia, che arredo d’ufficio. Era ora, certo, e non è mai troppo tardi per diventare una bandiera. Altro che Cha cha cha della segretaria: la signora avrà ballato il mambo, sapendo di contare più di tanti manager, dirigenti e direttori galattici. Ecco, giustizia è fatta. Cha cha cha.

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