Palermo/1

Mafia, allarme su Nino Di Matteo: “Lo devono uccidere al tennis”

L’intercettazione - Un mafioso al telefono dice che sua figlia non deve più andare al circolo frequentato dal pm della Trattativa

Di Antonella Mascali e Sandra Rizza
11 Ottobre 2016

Torna l’allarme attentato attorno al pm di Palermo Nino Di Matteo. Una nuova intercettazione che proviene dall’interno delle cosche ha spinto ieri pomeriggio la Terza commissione del Csm a incontrare il magistrato per ascoltarlo in relazione alla pratica di trasferimento extra ordinem, cioè per motivi eccezionali, già aperta un anno fa e ora aggiornata per “nuove emergenze investigative”: si sono aggravati i motivi di sicurezza.

Di Matteo è stato accolto a Palazzo dei Marescialli dal vicepresidente Giovanni Legnini, poi è stato ascoltato dalla Commissione. Il contenuto dell’incontro è stato secretato: si sa, però, che ha illustrato le novità emerse dalle indagini in Procura, senza avanzare alcuna richiesta. Quando i consiglieri hanno riferito che stanno vagliando la possibilità di un suo trasferimento d’emergenza alla Direzione nazionale antimafia di Roma, al di fuori di un regolare concorso, il pm è apparso molto imbarazzato, ha spiegato che andrebbe alla procura nazionale solo per merito e non per motivi di sicurezza. I consiglieri, a quel punto, gli hanno detto di “riflettere” e di avanzare eventuali richieste non prima di due settimane, quando sarà riconvocato.

Da Palermo, il nuovo segnale di pericolo per il pm più scortato d’Italia arriva da una conversazione captata per caso, qualche settimana fa, all’interno di un’automobile imbottita di microspie durante un’indagine in corso su alcuni esponenti della mafia palermitana. Alla guida di quella macchina c’è un uomo delle cosche che litiga con la moglie. L’uomo dice di essere preoccupato per la sicurezza della figlioletta e si lamenta dell’imprudenza della suocera, che nei giorni precedenti ha accompagnato la bambina al Tc2, il circolo del tennis di via San Lorenzo: “Se succede qualcosa a nostra figlia – minaccia – io a tua madre gliela faccio pagare”. Il motivo di tanta agitazione viene esplicitato subito dopo, quando l’uomo raccomanda alla moglie che in quel club la bimba non deve mettere piede, perché è un posto frequentato dal giudice Di Matteo: “E quello – ripete – lo devono ammazzare”. Quel circolo era entrato in scena già nella primavera del 2015 quando i piccoli tennisti del Tc2 avevano segnalato ai genitori la presenza di uomini armati davanti all’ingresso secondario.

L’ultima allerta ha spinto il procuratore Francesco Lo Voi a scrivere al Csm, rassegnando tutti gli elementi investigativi che riattualizzano la minaccia stragista nei confronti del pm della trattativa, già da mesi costretto a una scorta da capo di Stato. Nella sua nota, Lo Voi segnala anche un riscontro investigativo top secret: una ulteriore conferma che il progetto di attentato per Di Matteo prevede proprio il ricorso all’esplosivo, con tutta probabilità a quei 150 chili di tritolo che secondo il pentito Vito Galatolo furono acquistati dai boss palermitani in Calabria, per eliminare il pm del pool Stato-mafia, obbedendo ad un ordine del latitante Matteo Messina Denaro. Quell’esplosivo finora non è mai stato trovato.

L’anno scorso il Csm aveva già convocato Di Matteo proponendogli il trasferimento extra ordinem, ma il magistrato rifiutò, preferendo aspettare la decisione sulla domanda che aveva presentato per sostituto alla Direzione nazionale antimafia. Il Csm lo bocciò, preferendogli tre colleghi con meno titoli, tra cui Eugenia Pontassuglia, il pm barese del processo alle escort di Silvio Berlusconi.

Nel ricorso al Tar, poi respinto, Di Matteo lamentò la “sistematica sottovalutazione del suo profilo professionale”. Ma non si arrese. E così all’inizio di quest’anno ha presentato una seconda domanda, stavolta per il posto di aggiunto alla Dna: sperava ancora di trasferirsi in via Giulia a Roma per ottenere da lì l’applicazione al processo Trattativa fino alla conclusione. Ma è rimasto tagliato fuori. Stavolta il Csm ha ritenuto la sua documentazione “inammissibile” per un vizio di forma. Ora, dopo l’ennesimo allarme, la Terza commissione sembra che voglia metterci una toppa, e sta pensando a uno “spostamento” d’urgenza di Di Matteo proprio alla Dna. Una via d’uscita che comunque richiederebbe una modifica del regolamento attuale: il trasferimento extra ordinem, infatti, al momento esclude i ruoli direttivi e semi-direttivi ai quali è equiparata la Dna.

Ma nel frattempo una nuova opportunità, comunque, potrebbe riaprire per il pm la sua corsa alla Dna e anche la sua speranza di restare applicato al processo di Palermo: è l’ultimo concorso bandito dal Csm per 5 posti di sostituto per quell’ufficio, i cui termini scadono il 25 ottobre. C’è chi giura che, nonostante le due bocciature, Di Matteo è pronto a riprovarci ancora.

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