Da mesi i media lo cercavano. Da giorni gli spettatori – italiani e non – lo sentono parlare in quel video sgranato e sgradevole che fornisce anche l’ultima immagine da vivo di Giulio Regeni. Nel filmato Mohamed Abdallah, il capo del sindacato degli ambulanti egiziani, assilla con richieste di denaro il ricercatore italiano scomparso esattamente un anno fa e poi ritrovato senza vita nove giorni dopo alla periferia del Cairo. Secondo i Ros dei carabinieri e lo Sco della polizia di Stato che coadiuvano le indagini della procura di Roma, la figura di Abdallah resta centrale per capire cosa sia successo a Giulio. E piena di contraddizioni. La giustificazione per le sue azioni è quella ribadita anche in altre interviste alla stampa araba, e cioè che Giulio fosse una spia. Ma i tabulati telefonici analizzati dagli inquirenti lasciano pochi dubbi sul fatto che fosse lui a spiare Giulio per conto dei servizi segreti, e lui ad averlo denunciato alle forze di sicurezza egiziane. Questa, comunque, è l’intervista integrale di cui una parte è andata in onda su Tv7 nel servizio di Amedeo Ricucci e di cui abbiamo avuto la trascrizione.

Ha visto il video trasmesso alcuni giorni fa dalla tv di Stato? Conferma di averlo girato lei?
No, non l’ho visto. L’ho saputo per caso, perché alcuni giornalisti mi hanno chiamato dopo la trasmissione. Non ne sapevo nulla. Confermo di aver fatto il video ma no so se l’hanno trasmesso tutto oppure in parte. La versione intera durava mezz’ora, anche di più.

Perché ha deciso di filmare la conversazione tra lei e Regeni?
L’ho fatto per difendere la mia nazione. Sono una persona onesta e credo che la verità prima o poi verrà fuori. Se ho fatto quello che ho fatto è per tre motivi: perché amo la mia patria, e perché era un dovere morale e religioso. Ma non mi aspetto ringraziamenti da nessuno. Mi ricompenserà solo Dio.

Gli inquirenti italiani dicono che il video è stato girato con una videocamera nascosta. Vuol dire che le è stato commissionato, che qualcuno le ha dato quella telecamera perché non può essersela procurata da solo.
No, quelle immagini non sono chiare perché le ho fatte con un telefonino. Nessuno mi ha aiutato né ordinato nulla, ho fatto tutto da solo. La verità prima o poi verrà fuori. E allora tutti capiranno che io non sono un informatore della polizia. Io ho fatto tutte queste domande a Giulio per capire bene questa storia dei soldi: da dove venivano e a cosa servivano. Per questo ho registrato quell’incontro.

I tabulati telefonici provano che lei è stato in costante contatto con la sicurezza nazionale. Perché lo ha fatto se non è al loro servizio? E quando ha consegnato quel video?
Io sono stato sotto inchiesta per due mesi, e in quel periodo ho dovuto consegnare il video alla procura generale del Cairo. L’ultima volta che ho visto il procuratore è stato un mese e mezzo fa. Sono stato interrogato da tanti. Tutti qui mi hanno indagato. E non so proprio perché: cosa ho fatto? Io ho solo presentato il mio punto di vista. Non auguro a nessuno quello che è successo a Giulio. A nessuno al mondo. Anche se non sapevo che era stato torturato. Io non sapevo nulla. Ora non voglio che l’attenzione si concentri ancora una volta su di me. Io adesso, anche se vedo un morto sulla mia strada, non ne parlo con nessuno.

Perché aveva chiesto dei soldi a Giulio? Il ricercatore le ha spiegato ripetutamente che l’eventuale finanziamento è solo un grant per delle ricerche accademiche e che quei soldi non potevano essere assolutamente usati a fini personali.
No, ho bisogno di soldi, speravo arrivassero dall’Italia, anzi dalla Gran Bretagna. Eravamo d’accordo con Giulio che sarebbero arrivati questi soldi per un workshop. Non ho chiesto soldi per me, hanno capito male, perché mai Giulio avrebbe dovuto dare dei soldi a me?

Vuole chiarire almeno quando ha visto Giulio per l’ultima volta?
C’è un sacco di gente che racconta falsità su questa storia. Tutti sostengono che io abbia visto Giulio il 22 e il 23 gennaio. Ma sono bugie, l’ultima volta che l’ho incontrato è stata il 7 gennaio. Lui era tornato il 4 gennaio, e il 5 o il 6 mi ha chiamato chiedendo di vedermi. Ci siamo incontrati il 7, che è il giorno del video. Alla fine dell’incontro lui ha capito che stavo registrando, facevo domande strane e molto particolari. Anche se esplicitamente non me l’ha detto, me ne sono accorto dalla sua espressione e dalle sue risposte verso la fine del nostro dialogo. L’ultima volta che ho sentito Giulio per telefono è stato il 23 gennaio, due volte prima della sua sparizione perché per le sue ricerche voleva incontrare Adel Zakaria, un ragazzo che lavora con il centro per i sindacati e i servizi dei lavoratori. Poi, più nulla.

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