E alla fine venne il giorno dell’Italicum. Cinquantuno giorni dopo la bocciatura della riforma costituzionale al referendum, la Consulta è infatti chiamata ad esprimersi sulla legge elettorale varata dal governo di Matteo Renzi. Una norma scritta e pensata soltanto per la Camera dei deputati, dato che nelle previsioni del riformatore di Rignano sull’Arno il Senato doveva perdere ogni funzione nella fase del voto di fiducia. L’esito del referendum, però, ha resuscitato Palazzo Madama, spaccando in due il sistema elettorale italiano.

Un sistema elettorale spaccato
Se si dovesse votare oggi, infatti, i senatori dovrebbero essere eletti con il cosiddetto Consultellum il risultato della sentenza della Consulta numero 1 del 2014, quella cioè che ha bocciato il Porcellum: un sistema puramente proporzionale con preferenza unica e una soglia su base regionale dell’8%. Dal luglio scorso, invece, alla Camera è in vigore l’Italicum: un proporzionale che assegna a chi supera il 40% dei voti un premio di maggioranza di 340 seggi, e cioè il  54% del totale. Nel caso in cui nessuno arrivi a quella percentuale è quindi previsto il ballottaggio tra le due forze più votate. Ed è proprio il ballottaggio l’oggetto principale dei cinque ricorsi arrivati alla Consulta dai tribunali di Messina, Torino, Perugia, Trieste e Genova: l’udienza è fissata il 24 gennaio alle 9.30 per l’esposizione di decina di eccezioni sollevate.  Poi toccherà all’avvocato generale dello Stato Massella Ducci Teri replicare, prima che i giudici entrino in camera di consiglio. Tutte le altre udienze in calendario per domani e dopodomani sono state rinviate in modo di arrivare ad un verdetto al massimo entro mercoledì, mentre le motivazioni arriveranno entro i 30 giorni successivi.

Grasso: “Attendere motivazioni e poi creare leggi sempre più omogenei”
Passaggi fondamentali di una sentenza che influenzerà direttamente la durata del governo di Paolo Gentiloni, anche se è da escludere  – con tutta probabilità  – un ritorno alle urne immediato. Il perché lo ricorda il presidente del Senato Pietro Grasso, quando sottolinea che bisognerà “attendere anche le motivazioni di questa sentenza per poter poi cercare di creare delle leggi sempre più omogenee così come ha richiesto il presidente Sergio Mattarella“. Come dire: anche se la Consulta dovesse produrre una legge auto applicativa, cioè immediatamente utilizzabile, è probabile che la questione necessiti di un nuovo passaggio parlamentare. Se breve o lungo saranno le forze politiche a deciderlo. Le dichiarazioni di Grasso, comunque, suonano come una replica a chi, come il leader della Lega nord Matteo Salvini , si aspetta una sentenza dalla quale esca una legge che “permetta di andare subito al voto“. Indipendentemente dalle decisione della Consulta, infatti, il capo dello Stato ha ricordato a più riprese che prima di sciogliere le Camere è necessario “mettere in campo sistemi elettorali omogenei”. Tradotto: leggi il più possibili simili sia per la Camera che per il Senato. Il contrario di quelle in vigore attualmente.

Il ballottaggio pronto a scomparire
Una grossa mano, in questo senso, potrebbe arrivare proprio dalle decisioni della Corte, che si appresta molto probabilmente a “mutilare” la versione dell’Italicum attualmente esistente. I ricorsi riguardano infatti la violazione al principio di rappresentanza democratica (causata dal premio di maggioranza, sia al primo turno che al ballottaggio), il vulnus del principio di rappresentanza territoriale, la mancanza di una soglia minima di accesso al secondo turno, l’impossibilità – visto che ci sono i capilista bloccati – di scegliere direttamente e liberamente i deputati, le “irragionevoli” soglie di accesso al Senato (8% per la singola lista, 20% per la coalizione, mai cambiati dopo la sentenza sul Porcellum). Se si trattasse di un evento sportivo, però, si potrebbe dire che la probabile abolizione del ballottaggio paga pochissimo agli scommettitori. Con l’Italicum, infatti, il vincitore del ballottaggio ottiene la maggioranza dei seggi alla Camera indipendentemente dal risultato ottenuto al primo turno. Solo per fare un esempio, è possibile dunque che un partito raccolga  il 25 % dei voti al primo turno, per poi vincere il ballottaggio e ottenere quindi il 54 % dei seggi: una forbice troppo ampia che per i giudici potrebbe violare i principi di proporzionalità e rappresentanza.  Per “sanare” la situazione si potrebbe introdurre una soglia minima che garantisce l’accesso al secondo turno: ad introdurla però non potrà essere la Consulta, che non può neanche stabilire a quale percentuale debba corrispondere quella soglia.

Il dibattito sul premio di maggioranza
L’obiezione sul principio di proporzionalità riguarda anche un altro capitolo fondamentale al vaglio della corte: quello legato al premio di maggioranza. Con l’Italicum, infatti, si evita il ballottaggio quando un partito raggiunge la soglia del 40% dei voti: in quel caso ottiene comunque il 54% dei seggi. Uno scarto del 15% valutato come eccessivo da alcuni costituzionalisti. I sostenitori dell’Italicum, però, ricordano che la stessa Consulta bocciò il Porcellum proprio perché non prevedeva una soglia minima d’accesso al premio di maggioranza: quel 40% della legge renziana viene introdotto proprio per “dribblare” le possibili obiezioni della corte. D’altra parte il 20 e 21 novembre del 2014,  i presidenti emeriti della Consulta Gaetano Silvestri e Giuseppe Tesauro sostennero durante un’audizione al Senato che è un premio di maggioranza è legittimo già per chi supera il 37%, soglia in quel momento prevista dalla bozza dell’Italicum.

Una sentenza autoapplicativa
In questo senso la Consulta potrebbe abolire solo il ballottaggio, lasciando integro il premio per chi supera il 40%, come aveva proposto il ddl del deputato Pd Giuseppe Lauricella. Una decisione simile corrisponderebbe ad una sentenza autoapplicativa: potrebbe essere utilizzata praticamente subito, creando il massimo esempio di una legge che supera la disomogeneità dei due sistemi elettorali. Eliminato il ballottaggio Camera e Senato potrebbero andare alle elezioni con due leggi proporzionali, anche se rimarrebbe la differenza sul premio di maggioranza che a Montecitorio è assegnato su base nazionale e a Palazzo Madama su base regionale. Quello dell’omogeneità è comunque un tema politico e non giuridico. Diverso il quadro se invece la Corte dovesse decidere di giudicare “in astratto” i ricorsi sul ballottaggio: senza legarle in pratica alla situazione di Palazzo Madama. Il secondo turno potrebbe essere dunque illegittimo, con una prescrizione al legislatore d’integrarlo con una soglia minima di accesso. Uno scenario che farebbe permanere l’assoluta disomogenità dei due sistemi, al contrario di quanto auspicato da Mattarella e che obbligherebbe dunque i partiti a studiare una nuova legge elettorale, sulla base delle prescrizione della corte. Questa seconda ipotesi, però, potrebbe infrangersi sulle parole messe nere su bianco dagli stessi giudici della corte costituzionale per bocciare il referendum abrogativo sul Porcellum. In quel caso la Consulta spiegò che se il referendum avesse avuto “un esito favorevole all’abrogazione” avrebbe prodotto “l’assenza di una legge costituzionalmente necessaria, che deve essere operante e auto-applicabile, in ogni momento, nella sua interezza”. In pratica un organo costituzionale non può rimanere senza legge che ne definisca le modalità di composizione.

Il fronte anti Italicum sicuro: “Ballottaggio morto e sepolto e sentenza autoapplicativa”
È anche per questo motivo che il fronte anti Italicum si dice fiducioso. “Secondo me il ballottaggio è già morto e sepolto e anche il premio di maggioranza al primo turno rischia molto perché del tutto irragionevole con un Senato eletto proporzianalmente. Sono due sistemi che non possono essere conciliati”, ipotizza l’avvocato Enzo Palumbo, che ha curato il ricorso presentato dal tribunale di Messina. Gli fa eco Felice Besostri, coordinatore dei ricorsi presentati, che domani interverrà a presentare le istanze del tribunale di Torino e Perugia. “Il premio di maggioranza – spiega – così com’è deve sparire. Non siamo contrari al premio di governabilità in quanto tale, ma a questo di questa portata e al modo in cui viene assegnato”. Prima ancora di cominciare a discutere i loro ricorsi gli avvocati del fronte anti-Italicum chiederanno alla Corte di valutare anche una “istanza di autoremissione” della legge. “È possibile – spiega Palumbo – che il dubbio di legittimità costituzionale riguardi l’iter formativo della legge“. Questo perché l’Italicum “è stato approvato con la fiducia e questo contrasta con l’articolo 62 comma 4 della Costituzione, che prevede un’approvazione normale e non speciale delle leggi elettorali”. In caso contrario, i due legali si aspettato comunque “un annullamento il più esteso possibile della legge“. In ogni caso, l’auspicio degli avvocati è che dalla Consulta arrivi una sentenza immediatamente utilizzabile. “Non potrebbe non esserlo – dice sicuro Palumbo – Nessun organo istituzionale apicale può rimanere senza legge elettorale. Dopo di che la Corte deciderà se indirizzare i lavori del Parlamento e tracciare i binari entro cui scrivere la nuova legge. Lo fece con troppa prudenza, in occasione della sentenza sul Porcellum, mi auguro e chiederò che i suggerimenti siano ora più stringenti”.

Articolo Precedente

Parma, Pizzarotti in corsa con una lista civica: “Chiuso ad alleanza con partiti”

next
Articolo Successivo

Il Consiglio d’Europa giudica (male) parlamentari e magistrati italiani

next