Le forze governative irachene hanno trovato 100 cadaveri decapitati in una fossa comune a Hammam Alil, città distante 20 chilometri da Mosul. I corpi sono stati scoperti nel campus dell’Istituto di Agricoltura della città, che nei giorni scorsi è stata strappata al controllo dell’Isis. Secondo l’esercito si è trattato di un’esecuzione di massa. Ora si sta procedendo all’identificazione delle vittime.

Kirkuk, a 170 km di distanza dalla battaglia di Mosul, dove un fronte composito tenta di liberare la città dall’Isis, sarebbero centinaia le famiglie costrette dalle forze curde a lasciare la città. L’accusa arriva da Amnesty International che denuncia la distruzione di case e lo sfollamento obbligato di migliaia di persone, costrette alla fuga dalle forze del Kurdistan iracheno.

La pulizia della componente araba sarebbe iniziata dopo l’attacco sferrato dai jihadisti dello Stato Islamico il 21 ottobre scorso. Secondo Amnesty, che ha raccolto diverse testimonianze, le autorità hanno risposto con la “demolizione delle case di centinaia di abitanti sunniti e arabi che qui si erano rifugiati dopo essere fuggiti dalle province di Anbar, Diyala e Salahaddin“.

L’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani sostiene che le famiglie coinvolte siano circa 250, composte da sfollati originari di altre regioni del Paese e 190 di villaggi vicini alla città. I nuclei famigliari sono stati costretti a rifugiarsi in campi di accoglienza o a lasciare la regione di Kirkuk. “Espellere e allontanare con la forza gli abitanti sunniti della città è illegale e crudele” ha dichiarato Lynn Maalouf, vice direttore per la ricerca dell’ufficio regionale di Amnesty a Beirut. “Simili distruzioni, non giustificate da una necessità militare, costituiscono un crimine di guerra – ha aggiunto il vice direttore. Ordinare l’allontanamento di civili, a meno che non sia per la loro sicurezza o che ci siano ragioni militari, rappresenta allo stesso modo un crimine di guerra”. Maalouf ha chiesto alle autorità curde di porre fine “immediatamente” a queste pratiche.

La risposta delle autorità del Kurdistan iracheno non si è fatta attendere. Alla tv satellitare al-Jazeera, Karwan Jamal Tahir, rappresentante del governo regionale del Kurdistan iracheno in Gran Bretagna, ha ribadito che per i curdi la politica è quella della “porta aperta” mentre è stato chiesto di tornare nelle aree di origine agli iracheni delle zone sottratte all’Is e riconquistate dalle forze di sicurezza. Tahir ha voluto sottolineare nell’intervista che “la regione di Kirkuk ospita circa 600mila sfollati. Questo dimostra che il governo regionale del Kurdistan segue una politica senza discriminazioni per coloro che fuggono dalla violenza”. Tahir ha poi criticato Amnesty che “dovrebbe ascoltare entrambe le parti”, respingendo al mittente ogni accusa.

Intanto, proprio le milizie curde irachene hanno sferrato oggi un’offensiva per cercare di strappare all’Isis la città di Bashiqa, 13 chilometri a nord-est della periferia di Mosul, nell’ambito dell’offensiva lealista per riconquistare la ‘capitale‘ irachena dello Stato Islamico. La televisione curda Rudaw riporta che i Peshmerga sono entrati in alcuni quartieri della periferia di Bashiqa, sostenuti dai bombardamenti della Coalizione internazionale a guida Usa. Secondo i comandanti curdi, nella cittadina non ci sono più civili ma soltanto poche decine di jihadisti che tentano di resistere all’avanzata. Nei pressi della località sorge anche un campo di miliziani sunniti anti-Isis che da oltre un anno sono addestrati da militari turchi. Contemporaneamente in Siria le Forze democratiche siriane, formazione armata predominata dai curdi dell’Ypg (braccio siriano del Partito dei lavoratori curdi di Ocalan) ha annunciato ieri l’inizio dell’operazione per liberare la città di Raqqa, ‘capitale’ siriana dell’Isis.

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