E basta con questa retorica nazionale! Signorini di qua Signorini di là, ognuno ha diritto di esprimere le proprie opinioni e bla-bla-bla, direbbe la giovane Greta Thunberg.

Mi viene proprio da dire: quante sciocchezze! Perché l’unica cosa vera è che possono parlare di aborto solo le donne. Solo noi donne abbiamo diritto a intervenire, pretendere, discutere: gli uomini no, devono tacere. Perché non è faccenda che riguarda il loro corpo ma il nostro corpo e la nostra prospettiva di vita. Nell’era del ‘condiviso’, del ‘non divisivo’ mi rendo conto che queste frasi sono scorrette assai, indigeste: eppure è proprio qui che si gioca l’autodeterminazione della donna, più che nelle quote rosa. Vogliamo capirlo che nel momento in cui si è ceduto terreno su questo tema ancestrale e “fondativo”, noi donne abbiamo perso la nostra più profonda consapevolezza?

Il dibattito di questi giorni ha una lunga “gestazione” (per stare in tema) e nasce dal perpetuo tentativo di mettere in discussione la legge 194. Tentativo messo in pratica in due modi: insistenza sul rafforzamento della prevenzione – che va benissimo ma è piuttosto intesa come dissuasione dall’aborto, accompagnata dalle proposte di stringere i confini della facoltà di decidere delle donne; e poi, passo cruciale, la trasformazione dell’embrione in persona, soggetto del discorso “etico”: i crociati anti abortisti sognano con bramosia quella pietra tombale dell’aborto, il riconoscimento della personalità giuridica dell’embrione sin dal momento del concepimento. In questi anni la destra non ha mancato di presentare vari progetti di legge ma il dibattito risale almeno alla metà degli anni Novanta, quando venne promossa una legge di iniziativa popolare dal Movimento per la vita, affiancato dagli interventi dell’allora presidente della Corte costituzionale, Antonio Baldassarre, che “sparava” pallottole contro la legge 194 sostenendone la presunta incostituzionalità.

Un fronte di attacco al diritto all’aborto, questione fortemente politica che dà forma all’idea di persone e di società e dei loro rapporti, è stata la trasformazione dell’immagine della donna che interrompe la gravidanza: in questi anni, ha subìto uno strisciante rovesciamento. La legge fu approvata per sottrarre le donne alle mammane, per evitare che potessero abortire al sicuro solo le più ricche – pratica diffusissima. Nel corso degli anni la visione è cambiata: la donna che interrompe la gravidanza è egoista, in preda alla rincorsa del successo professionale: addirittura decide senza consultare l’uomo: orrore quel potere senza limiti sul feto, ma anche sull’uomo…

Se poi aggiungiamo l’utero in affitto la frittata è fatta. La faccenda della riproduzione artificiale è immensa (per chi volesse approfondire, L’eclissi della madre di Maria Luisa Boccia e Grazia Zuffa), roba per filosofi, ma come negare che lì si consuma la centralità dell’essere madre e del controllo della donna sul proprio corpo?

In ogni caso è insopportabile quando il tema dell’aborto diventa una questione da discutere attorno a un tavolo insieme a tutti quelli che si siedono, e perciò titolata a parlare: è stato il grande errore che ha fatto perdere consapevolezza di sé alle donne. E ora ci becchiamo Alfonso Signorini, Giorgia Meloni e i loro amici baciapile. Amen.

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