Chi tra voi non ha letto in questi giorni i report sulle Olimpiadi di Rio? Ma non quelli che descrivono le capacità sportive degli atleti o delle atlete. Parlo di chi titola qualcosa sul lato B della “sexy stella della scherma”, ovvero quella tal Rossella Fiammingo che porta a casa una medaglia di certo non per il suo aspetto fisico. Si parla di “brutti anatroccoli che diventano cigni” a proposito di Marco Gallazzo, Mauro Nespoli, Michele Frangilli, campioni di tiro con l’arco. Poi si parla di “trio delle cicciottelle” campionesse della stessa disciplina. Per caso, ma proprio per caso, si chiamano Guendalina Sartori, Claudia Mandia, Lucilla Boari. Di Teresa Almeida, portiere della squadra femminile di pallamano dell’Angola, ai media interessa la sua stazza. Grassa e per di più nera, non è tollerabile. Si parla poi di “dodici nuotatori hot che hanno già vinto le olimpiadi della bellezza“. Uomini descritti come fossero protagonisti di calendari sexy (con tutto il rispetto per i calendari sexy). Uno per ogni mese. Potrei andare avanti ma mi fermo qui perché tanto è sempre la stessa storia.

Rio 2016: gli atleti in volo

Quel che vi mostrano sono solo corpi, involucri svuotati di senso, capacità, forza di volontà, coraggio, costanza, tenacia, perché di questo credo siano dotati questi campioni e queste campionesse prima che di un bel culo, dell’addome scolpito, di un fisico da modelli. Le stesse caratteristiche possono appartenere a ogni genere di persona a prescindere dal suo aspetto. Per arrivare alle olimpiadi non si sfila come per il titolo di miss o mister universo. Tutto ciò per dire non solo che il giornalismo sportivo è diventato solo gossip morboso, insistente, voyeuristico, ma che il linguaggio scelto, la comunicazione veicolata, incontra di certo i gusti di tante persone che ogni giorno, per strada o sul web, sui social network, non fanno altro che normare la fisicità altrui imponendo canoni di bellezza a seconda del proprio modello estetico preferito. Contrariamente a quel che si potrebbe immaginare le persone che fanno body shaming, grassofobe, in posa da crociata contro rughe, smagliature, cellulite, pelo superfluo, sono di ogni sesso e genere.

La scritta dice: "Io non sono meno femminile se non sono depilata. Io non sono meno femminista se sono depilata. Ciascuna scelga quello che vuole.

 La scritta dice: “Io non sono meno femminile se non sono depilata. Io non sono meno femminista se sono depilata. Ciascuna scelga quello che vuole.

In questi giorni sulla pagina Facebook di Abbatto i Muri stiamo portando avanti la campagna #shortpertutt* #nobodyshaming con il suo spin off #pelipertutt*, dovuto alla gran quantità di insulti che ha ricevuto dapprima una ragazza e poi altre che hanno osato mettere in discussione la depilazione come metodo per raggiungere canoni di bellezza dei quali non vogliono tenere conto. Si piacciono così come sono, o combattono per accettarsi e amarsi di più, ricercano sicurezza e autostima abbandonando sensi di colpa e vergogna che derivano da insicurezze e da pressione sociale irresponsabile e priva di empatia. Troppe persone dedicano troppo tempo a puntare il dito della “vergogna” su chi osa comparire, camminare, esporre una foto, con abiti e aspetto che non gradiscono. Tutti a dire che chi si espone se la cerca, ma per evitare gli insulti si dovrebbe forse chiudersi in casa? Indossare un burqa per evitare traumi a gente che teme il pelo superfluo o la ciccia peggio che fossero forme di terrorismo e di violazioni contro l’ordine costituito?

Sono tantissime le persone che partecipano alla campagna, inviano immagini e storie nei confronti delle quali non si può restare indifferenti. Mostrano un gran coraggio spogliandosi e guardando in foto, attraverso i nostri occhi, quel che fino a ieri non non avevano voglia di vedere per mancanza di autostima. Inviano foto e storie perché si sentono al sicuro, ciascun@ emana forza a non finire e sono delle combattenti, sopravvissute agli insulti, ad una complicata adolescenza, o che la stanno ancora attraversando e combattono contro disturbi alimentari, contro malattie permanenti come il diabete, contro il lungo percorso di accettazione dopo incidenti terribili che hanno reso chiaro come le gambe e il corpo siano strumenti che ci permettono di fare cose belle, camminare, correre, viaggiare. Sono combattenti in lotta contro la perfidia della gente. La cattiveria non risparmia nessun@ e così li vedi a commentare immagini di donne che hanno mostrato un gran coraggio a mostrarsi e che sicuramente saranno ferite nel leggere insulti. E gli insulti sono sempre di tipo normativo. Le donne esprimono la propria preferenza, come se non depilarsi significasse imporre loro di fare lo stesso, e gli uomini insultano le donne che giudicano “inchiavabili”, come se tutte fossero interessare ad essere “chiavate” da loro, e gli insulti proseguono ben oltre la logica di branco, il bullismo, il cyberbullismo, fino al punto da minacciare o augurare la morte, da consigliare il suicidio a chi pesa più di quel che a questi adoni piace, per obbligare chi non si conforma a nascondersi, a non esistere, a rendersi trasparente, invisibile.

Quelli che trovano donne forti che se ne fregano dei giudizi e si accettano e si piacciono in ogni caso reagiscono male, si improvvisano “dottori” per esprimere teorie salutiste sul fatto che il modello estetico che a loro procura un’erezione è certamente espressione di salute. Un po’ come faceva Mussolini quando vedeva le donne tutte in fila con mente sana in corpo sano. Un fascismo estetico che coinvolge gente che fa diagnosi mediche e psichiatriche dicendo che insultare le donne che si mostrano con la ciccia in qualche modo le aiuta. Grandi filantropi, questi signori che oltre al salutismo d’occasione, tirano fuori, in ultimo, il senso del decoro, l’igiene personale, come se tutti gli uomini dotati di peluria fossero sporchi o come se avere i peli significasse non lavarsi. Invocano la decenza, no alle cosce pelose, alle cosce fuori norma con chili in più, perché quel che deve viaggiare nel mondo è solo quel che piace a loro.

Pensate che questa violenta dose di body shaming parte da ed è dedicata anche agli uomini. Un tizio, attivista di gruppi Lgbt, scrive “mi fai vomitare” a una donna in shorts e con un po’ di cellulite. Donne e uomini che sfottono uomini con corpi non scolpiti, con volti non attraenti, secondo il loro punto di vista, e quindi non si spiega come, dato che gli insulti raggiungono tutti, l’empatia sia assente nelle vite di queste persone giudicanti. E torniamo all’argomento in apertura del post: il punto è che dei corpi si vedono solo qualità estetiche, secondo un modello di “bellezza” soggettivo che pretende di essere universale. La campionessa dal bel culo, i campioni bruttini, le campionesse cicciottelle, i campioni dagli addomi scolpiti. Sono solo corpi, pezzi di carne, oggetti privi di altre qualità, di anime, pensieri, capacità. Ma siamo davvero solo questo? E davvero accettiamo di subire il nazismo che obbliga i nostri corpi e le nostre vite a conformarsi ai gusti di pochi? Se non ti vogliono in giro perché hai un corpo che non piace a tizio, caio e sempronio allora esci di più. Indossa orgogliosamente i tuoi shorts, la tua gonna corta, il tuo costume da bagno. Esci, vai al mare, non restare chiusa in casa perché ti vergogni di tanta altra gente che è insicura tanto quanto te. Dai inizio alla tua rivoluzione. Esci dalla prigione nella quale ti hanno rinchiusa. Manda tutti quanti a quel paese e partecipa al Body Liberation Front. Ti aspettiamo. Qui fuori.

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