Non sembra la vecchietta cui è facile portar via la pensione, ma la situazione è quella e con l’aggravante che lo “scippo” arriva dallo stesso ente che la eroga. Maria Clara Caratelli, ex poligrafico del Corriere della Sera, è tra i promotori di MilanoRifondailFondoCasella, uno dei gruppi di ex poligrafici del Fondo Fiorenzo Casella che si sono visti decurtare della metà le prestazioni previdenziali a causa di uno squilibrio di conti non più sostenibile, figlio anche di una lunga stagione di prepensionamenti forsennati e di una gestione non oculata delle riserve. Una vicenda che ha prodotto un moltiplicarsi le iniziative legali da una parte all’altra del Paese.

Quando avete capito cosa stava succedendo?
Circa un anno e mezzo fa, quando abbiamo ricevuto notizia del secondo taglio della pensione. Con alcuni colleghi abbiamo tentato di sviluppare una discussione approfondita sulla vicenda del Fondo. Abbiamo cercato, attraverso documenti e contatti, di capire cosa stesse avvenendo e lo abbiamo raccolto in un “Promemoria” a firma Caratelli/Todaro redatto tra marzo e giugno 2015. Già diceva tutto, ed era un anno fa. E dopo un anno, nulla è successo.

Perché quel promemoria?
Perché i colleghi poligrafici, molti dei quali sono anziani, sparsi in tutta Italia. Non si conoscono tra loro, molti non utilizzano il computer. Non avendo avuto accesso agli indirizzi, non sappiamo neppure chi siano gli iscritti. Mettere nero su bianco numeri e coordinate della vicenda era l’unico modo di far circolare le informazioni, giacché dal Fondo non ne sono arrivate.

Accusate soprattutto gli amministratori del Fondo
Per loro finora siamo stati solo numeri. E infatti neppure rispondono alle nostre richieste di chiarimento o di aiuto mentre vengono calpestati diritti inalienabili sanciti dalla nostra Costituzione. Per questo, come un anno fa, chiediamo le loro loro dimissioni. E’ uno dei punti fondanti il nostro Gruppo: “obbligo perentorio di dimettersi per tutti quelli che negli anni non hanno fatto il proprio dovere ed hanno tradito la nostra fiducia”.

C’è chi pensa che sia una battaglia persa…
La nostra è una battaglia di libertà e di democrazia. Libertà di contare nelle scelte del Fondo, democrazia perché servirà a portare “aria nuova” tagliando tutto il superfluo, rifondandolo ex novo, con basi e facce nuove, pulite. Questo servirà anche a chi sta ancora lavorando, alle nuove generazioni. Se non facciamo qualcosa noi sono destinate ad un’ennesima ingiustizia sociale. Che si consuma nel silenzio di istituzioni e sindacato.

Appunto, cosa ha fatto il sindacato?
Niente. Per formazione non siamo contro il sindacato, tutt’altro. Ma non abbiamo trovato uno straccio di comunicato sindacale sul Fondo Casella, non c’è stata una presa di posizione e questo ha disorientato i pensionati che hanno perso un punto di riferimento. Anche il nostro sforzo di comunicazione è stato ignorato dal sindacato che è completamente assente e latitante. Non solo non ci hanno tutelato, ma siamo stati accusati di “distrazione” e di “eccesso di delega” nei loro confronti. La mancanza di informazione e coordinamento ha portato molti aderenti al Fondo a distaccarsi, è subentrata apatia e sfiducia.

Come vi preparate a questa battaglia?
Vorremmo innanzitutto si verificasse con urgenza se ci siano stati comportamenti illeciti; confidiamo poi nell’aiuto, necessariamente quasi “pro bono”, di prestigiose figure professionali, avvocati in primis. La pensione rappresenta l’unica ancora per vivere gli ultimi anni di vita con serena dignità, hanno provato a scipparci anche quella. E siccome già stiamo sostenendo ricorsi contro l’Inps, per i suoi tagli, non è facile portare avanti due fronti con relativi costi legali. E tuttavia non possiamo arrenderci. Dobbiamo tentare di dare risposte alle richieste di aiuto che riceviamo da amici e colleghi  che si sentono abbandonati e non hanno nemmeno più la possibilità di curarsi. Lo dobbiamo a loro, a quelli che ancora lavorano, a noi stessi e ai nostri figli.

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