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Nigeria, trovata viva dopo due anni una delle ragazze rapite da Boko Haram

Amina Ali Nkeki, 19 anni, era stata sequestrata il 14 aprile 2014, quando il gruppo terroristico rapì 276 studentesse di una scuola superiore di Chibok, nel nord del Paese. La famiglia: "Sta bene, è incinta, anche se è traumatizzata"
Nigeria, trovata viva dopo due anni una delle ragazze rapite da Boko Haram
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Amina Ali Nkeki, una delle studentesse nigeriane di Chibok rapite due anni fa da Boko Haram, è viva. Secondo Bbc, la giovane, 19 anni, è stata trovata martedì nella foresta di Sambisa, vicino al confine con il Camerun, da un gruppo di militari vicino alla città di Damboa, nello stato di Borno, a pochi chilometri da dove è stata rapita nel 2014 e vicino alla foresta dove il gruppo terroristico ha la sua roccaforte.

Amina era stata sequestrata il 14 aprile 2014, quando il gruppo terroristico rapì 276 studentesse di una scuola superiore di Chibok, nel nord della Nigeria: un commando di estremisti islamici irruppero nei dormitori dell’istituto e fecero salire le giovani su dei camion. Alcune riuscirono a fuggire, in gran parte gettandosi dai mezzi, e in tutto furono portate via 219 studentesse. Ad aprile Boko Haram ha diffuso un video che mostrava un gruppo di ragazze, vestite di nero, alcune delle quali sono state identificate dai loro familiari.

La 19enne, originaria di Mbalala, a sud di Chibok, da cui provengono 25 delle studentesse sequestrate, è stata ritrovata dall’esercito mentre vagava per la foresta, ha reso noto un parente, aggiungendo che la nipote “sta bene, è incinta, anche se è traumatizzata”. La ragazza è stata riportata a Chibok nella notte per riabbracciare la madre, ma non il padre, morto durante la sua prigionia.

Le sue compagne di prigionia si trovano ancora nella foresta di Sambisa strettamente sorvegliate dai ribelli, ha raccontato la giovane. “Mina Ali Nkeki è il numero 127 sulla nostra lista di 219 ragazze rapite a Chibok. I suoi genitori l’hanno riconosciuta e lei ha raccontato che le sue compagne di classe sono ancora prigioniere dei terroristi”, ha detto Sesugh Akume, portavoce della campagna Bring Back Our Girls (Bbog, “Ridateci le nostre ragazze”), aggiungendo che insieme alla ragazza c’era un bambino di circa un anno, probabilmente suo figlio.

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