Why love must be blind, “Perché l’amore deve essere cieco”, scriveva due secoli fa il poeta Samuel Taylor Coleridge, in una chiara attestazione d’amore. “Significa poter guardare oltre”, spiega Debora Petrina, cantante, pianista e compositrice veneta, che anche al poeta inglese si è ispirata per concepire il suo nuovo disco.  “In questo caso, il termine blind ha un’accezione utopica: un viaggio ‘cieco’ è come un viaggio nella felicità”. Non è un caso, dunque, se Be Blind è il titolo scelto da Petrina per il suo nuovo album che segue a un anno di distanza Roses of the Day, l’album di cover con il quale inaugurò la nuova etichetta di Paolo Fresu, Tuk Voice. Be Blind esce il 29 aprile, anticipato dal singolo Supercharged Machine, ed è composto da 10 canzoni che rappresentano la sintesi perfetta del suo percorso artistico e musicale. E’ un disco compatto e dalle sonorità rock che sconfinano nel jazz e nell’elettronica, con testi autobiografici (November 10th, Paper Debris), e brani che pongono un’attenzione particolare sull’incapacità, in una società iperconnessa come la nostra, di parlare al cuore delle cose (I Like, The war you don’t see)  sia nelle relazioni quotidiane, sia nel campo dell’informazione. Specie in quel mare magnum che è la rete, in cui non tutto fa brodo, parafrasando una vecchia réclame della tv d’un tempo.

BE BLIND COVER

Debora, dopo l’album di sole cover Roses of the Day, sei tornata con Be Blind. Perché hai scelto questo titolo?
Il titolo è una specie di provocazione, un imperativo paradossale, “sii cieco”, ed è una reazione a quello che sento intorno a me: una impossibilità oltreché  incapacità di parlare al cuore delle cose, sia nel campo dell’informazione sia nelle relazioni quotidiane, sociali, che sono mediate, e mi riferisco ai social network e a questa coazione a ricercare la verità attraverso il web. E non mi stupisco che il tentativo risulti essere un buco nell’acqua, perché non è facile trovare la verità. Ho scritto il brano Supercharged Machine perché mi sento anch’io condannata a interrogare un oracolo, metafora del web, che dà risposte contraddittorie, smarrimento ed amnesia… come Faust che vendette l’anima al diavolo, e come Sisifo condannato a ripetere all’infinito gli stessi gesti. Inutili.

Una visione un po’ negativa.
C’è anche un risvolto positivo però: l’album infatti si chiude con una canzone (The Loony) che parla di uno strabico, matto, che è una persona ai margini e proprio da questa sua posizione può vedere oltre, andare oltre, un po’ come Omero il poeta cieco.  Un viaggio cieco è un viaggio nella felicità, e la musica è lo strumento principe che permette di andare al di là.

Oltreché cantante, sei compositrice e musicista e Be Blind è la summa di quello che è il tuo background artistico.
Sono molto emozionata perché Be Blind è il disco in cui finalmente mi sento in tutta la mia integrità, con tutte le influenze avute sin da piccola, e poi da adolescente, con il rock ascoltato in grande quantità e poi tutto il surplus che c’è stato in seguito, con la musica classica, il jazz ecc.. È un disco che ha una semplicità, nel senso che è diretto, ho cercato di essere il più possibile comunicativa, ma allo stesso tempo ci sono orchestrazioni dietro che hanno richiesto molto lavoro. Sento che è un disco che si fruisce in maniera molto più diretta rispetto ai dischi precedenti.

C’è anche un bell’uso dell’elettronica e in più canti in inglese integralmente per la prima volta in un tuo album.
Sì, è la prima volta che canto integralmente in inglese. Una scelta dovuta, come al solito, a motivazioni metriche, ma anche per le mie influenze, che sono sempre state rivolte all’estero. La mia natura ha inclinazioni abbastanza spontanee nel superare i confini. Con questo disco sono riuscita a creare una sintesi di me stessa, sono molto soddisfatta. Tra l’altro oltre all’elettronica c’è un uso massiccio delle chitarre e anch’io dal vivo mi esibirò con la chitarra. È una cosa nuova e totalmente inedita per me.

Ero curioso di sapere cosa fosse accaduto il 10 novembre, il brano che apre il disco.
Il 10 novembre è stata una data fatidica per la mia storia personale: non ne ho mai parlato, ma si è trattato di un intervento chirurgico importante che mi ha molto segnato, ed era un’operazione alle mie corde vocali. Una storia molto tortuosa, che ha avuto strascichi, ma che alla fine si è risolta, anche se mi ha portato via molte energie. In questa canzone c’è molto di questo episodio oltreché la visionarietà suscitata dall’essere sotto l’effetto dell’anestesia totale e dalla volontà di tornare a cantare.

A quale brano sei maggiormente legata fra i 10 che compongono Be Blind?
Mi sento legata a tutti i brani
, forse più che negli altri dischi. Forse perché c’è stata una gestazione particolarmente laboriosa, lunga, condivisa con altre persone per quanto riguarda gli arrangiamenti. Mi sento legata a tutti i brani, ma ce ne sono un paio che sono più personali. Paper Debris è autobiografico ed emotivo, e si tratta di una giustapposizione di frasi ritrovate su alcuni biglietti che io e altri familiari usavamo per comunicare con mio padre che aveva una gravissima forma di tetraplegia dovuta a un incidente, malattia che gli impediva di comunicare con noi con la voce. Noi gli scrivevamo delle cose abbastanza semplici, del tipo “la mamma è andata a fare la spesa…” su fogli di carta. Quando ho ritrovato questi fogli ho messo vicine queste frasi e queste assumevano un significato traslato peraltro profondo per me. Per esempio nel ritornello è venuta fuori questa frase: “Mi hai chiesto di coprirti, fuori piove, noi siamo donne sole però siamo coraggiose” e questo si riferisce al fatto che in casa eravamo tutte donne, lui mio padre era l’unico uomo e malato. E’ venuta fuori dai rimasugli di carta, un brano molto forte per me. Poi l’altro è Broken Embraces, ispirato dal film di Almodovar la cui storia mi ha molto toccato, dove in seguito a una storia conclusa rimangono le cose non dette, in esso ho rivisto alcune cose che sono capitate anche a me.

Qual sono le tue ambizioni legate al disco?
Suonarlo davanti a più persone possibili e portarlo in giro.

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