Confermata dalla Cassazione l’assoluzione per diciotto tra manager e dirigenti di Unicredit accusati di truffa aggravata, appropriazione indebita ed estorsione con l’ipotesi che avessero provocato il fallimento della società barese Divania. La Suprema corte ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla procura di Bari e dall’azienda dei salotti contro la sentenza del giugno 2014 con cui il gup del Tribunale di Bari ha prosciolto all’udienza preliminare gli imputati, tra cui vertici nazionali e territoriali della banca. E’ però aggiornato all’11 febbraio 2016 l’inizio dell’udienza preliminare nei confronti dei top manager di Unicredit accusati di concorso in bancarotta fraudolenta dell’azienda barese. Tra i 16 imputati anche l’attuale amministratore delegato Federico Ghizzoni e il predecessore Alessandro Profumo.

La sentenza di proscioglimento ha stabilito che non hanno truffato Divania vendendole contratti derivati, non si sono indebitamente appropriati di somme e non hanno estorto denaro, tramite la sottoscrizione di una convenzione, all’imprenditore Francesco Saverio Parisi, all’epoca dei fatti titolare dell’azienda. Secondo Parisi è fallita nel 2006 per aver stipulato con Unicredit derivati ad altissimo rischio.

Il 27 novembre scorso Unicredit ha ottenuto dal Tribunale civile di Bari il rigetto della richiesta di Divania che aveva chiesto ai giudici di condannare la banca al pagamento di 1.687.942 euro, oltre ai danni, per avere “illegittimamente ed abusivamente incamerato la somma suddetta da conti valutari esteri, riducendo la liquidità disponibile” dell’azienda. Nel giugno 2011 il Tribunale fallimentare prima e la Corte d’Appello di Bari poi, avevano escluso che la operatività in derivati potesse rappresentare anche solo una concausa del dissesto di Divania.

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