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Ferrovie, il Tesoro scioglie le riserve. Al via la gestione del renziano Mazzoncini

Riconfermato il cda le cui dimissioni in blocco hanno consentito l'uscita forzata di Messori ed Elia. Obiettivo: una dismissione del 40% delle Fs secondo i dettami del governo. Alla presidenza la fiorentina Ghezzi, autrice nel 2011 del piano per la sicurezza stradale del capoluogo toscano
Ferrovie, il Tesoro scioglie le riserve. Al via la gestione del renziano Mazzoncini
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Via libera ai nuovi vertici delle Ferrovie dello Stato Italiane. Dopo le dimissioni in blocco del cda di giovedì, l’assemblea del gruppo, che si è riunita in serata, ha nominato Renato Mazzoncini amministratore delegato e Gioia Ghezzi presidente. “Di intesa con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il ministero dell’Economia e delle Finanze ha tenuto in data odierna una assemblea di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. che – fa sapere il ministero dell’Economia – a seguito della decadenza del precedente consiglio di amministrazione della Società, ha deliberato la nomina del nuovo organo amministrativo di Ferrovie nelle persone di Gioia Ghezzi (Presidente), Daniela Carosio, Giuliano Frosini, Simonetta Giordani, Federico Lovadina, Renato Mazzoncini e Wanda Ternau”. Il consiglio di amministrazione resterà in carica per il triennio 2015-2017.

La nomina del renziano Mazzoncini, amministratore delegato di Busitalia, la controllata di Fs per il trasporto su gomma, cioè gli autobus, era attesa da giorni. Nel suo curriculum spicca l’accordo del 2012 con l’allora sindaco di Firenze, Mattero Renzi, per la cosiddetta privatizzazione dell’Ataf, l’azienda tranviaria fiorentina, venduta dal comune allo Stato. L’operazione fu seguita, per il comune di Firenze, dall’allora avvocato Maria Elena Boschi. Mazzoncini è tuttora presidente dell’Ataf. La fiorentina Ghezzi, che ha all’attivo la predisposizione di un piano per la sicurezza stradale per la sua città nel 2011, sindaco sempre Renzi, sedeva già nel consiglio delle Fs che dopo le dimissioni in blocco che hanno consentito l’uscita dei precedenti vertici, è stato integralmente rinominato con l’eccezione di Vittorio Belingardi Clusoni.

Il governo ha così tirato le fila di una privatizzazione che presenta non pochi nodi tanto da essere al centro dello scontro che ha portato all’uscita forzata di Marcello Messori e Michele Mario Elia. Il blitz è avvenuto a stretto giro dall’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del Dpcm che avvia il processo di dismissione del 40% delle Ferrovie nel corso del 2016. Un’operazione, le cui modalità dovranno essere ancora definite e che, comunque, dovrà rispettare i paletti posti dal decreto, a cominciare dalla piena maggioranza che dovrà rimanere in mano pubblica così come pubblica sarà la proprietà dell’infrastruttura ferroviaria. E proprio sulla rete si concentra la maggior parte delle problematiche.

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