Con le uscite dell’8 ottobre in sala si possono trovare titoli adatti per generi e qualità a quasi ogni tipo di spettatore: cinque film per quattro storie vere più uno scandalo dal Marocco

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Fratello del premio Oscar Fernando, David Trueba per il suo La vita è facile ad occhi chiusi punta l’obbiettivo sulla vera storia di Juan Carrión, professore d’inglese in Spagna che nel ’66 spinto dall’amore per i Beatles andò ad incontrare John Lennon sul set andaluso di Come ho vinto la Guerra, per conoscerlo e correggere insieme le bozze dei testi dei Fab Four ricavate dai suoi ragazzi studiandone le canzoni. L’incontro e il viaggio del perfetto protagonista Javier Cámara con due adolescenti ne fanno un road-movie fragrante come pane fresco e vitaminico come fragole. Tanto da inanellare una sfilza di Premi Goya. Il regista tra coltivazioni di fragole tipiche in Andalusia, percorsi di crescita e nuove amicizie fa parlare i suoi personaggi come quelli di un romanzo di formazione fiorito intorno al concetto di Help! Le chitarre languide come un amarcord sono invece di Pat Metheny, e se ci state già pensando, occhio a Strawberry Fields Forever.

Da una rockstar osservata con bonaria discrezione lo sguardo potrà stringere su Janis Joplin con il documentario senza fronzoli di Amy Berg. Rivive i passi più dolorosi dall’infanzia all’adolescenza del genio rock blues Janis (presentato a Venezia ’72) con fitte e puntuali documentazioni video d’epoca e testimonianze di musicisti e amici ripresi oggi. Doc toccante e stile classico, due dei picchi emozionali ne sono la sequenza del Monterey Pop Festival e quella in studio durante la registrazione di Summertime, quando la scelta tra un Do maggiore e un minore avrebbe determinato una pietra miliare del rock. Per gli appassionati di grande musica e per chi vorrà scoprire o riscoprire una donna e una voce senza eguali. Segni particolari: le sue lettere postume vengono doppiate da Gianna Nannini.

Dalle lunghe ombre del passato sulla ribalta giungiamo alle tinte fosche di Black Mass. Un Johnny Depp dall’anima nera come mai prima d’ora fa sua l’inquietante vicenda del boss di origine irlandese James “Whitey” Bulger in uno spietato intreccio di crimini e corruzione realmente accaduto a Boston in 20 anni culminati nel 2011. Scott Cooper dopo Out of the furnace torna a dirigere un dramma dalla tinte forti e nette del thriller. Il suo sguardo è ancora nitido, acuminato e di straordinaria efficacia seppur non originalissima la messa in scena. Per gli appassionati del gangster-movie sarà una tappa obbligata. Note (non proprio) a margine: cast intorno a Depp impressionante, dal corruttibile Joel Edgerton al Benedict Cumberbatch eminenza grigia.

Del film verità di Stephen Frears sulla grande menzogna di Lance Armstrong e lo scandalo che ne seguì hanno invece più ritmo e concitazione le interviste reali al giornalista detrattore David Walsh. Con una narrazione tiepida e fin troppo lucida il regista offre spettacolo soltanto sulle sequenze di scalata al Tour de France. Puntuale con i raccordi sui fatti ma limitato a versare la cronaca sul grande schermo e poco più. Peccato perché The Program poteva essere altro da un film dossier. E anche l’ottimo Ben Foster risulta imbottigliato in un’imitazione che meritava di sbocciare in complessità meglio esplorate in scrittura. Un grande documento per gli appassionati di ciclismo magari, ma un lavoro insipido per un cinephile. Chissà, un coraggioso passo autoriale sarebbe stato raccontare il giornalista come protagonista e il ciclista come antagonista… Ma è Hollywood.

Da quello per il più celebre bullismo iniettato di epo si potrebbe guardare allo scandalo e la conseguente censura del governo marocchino provocati da Much Loved di Nabil Ayouch. L’autore ha avuto l’ardire di raccontare la vita di quattro prostitute d’alto bordo a Marrakech. Linguaggio e scene esplicite sono costate alla protagonista Loubna Abidar una denuncia per pornografia che l’ha trattenuta per un’udienza durante la presentazione italiana del film, tenuta comunque dall’autore. Si perdona il finale un po’ telefonato a un lavoro comunque indomito, prezioso e onesto. L’ira censoria e la persecuzione che hanno costretto alla scorta forse non stanno solo nel rigetto categorico dell’amoralità femminile mostrata col sesso, ma più ancora nell’indipendenza grazie ad esso e alla fragilità degli uomini colta da Ayouch.

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