Le Femen hanno fatto irruzione a una manifestazione islamica. Due attiviste di 25 e 31 anni si sono introdotte al salone della donna musulmana e lì hanno fatto la loro patetica manifestazione. A seno nudo, in nome di quella che per loro è l’emancipazione. La stupidità non ha confini. Pensano di essere per l’emancipazione, e invece sono solo – poverette – utili idioti al servizio di Monsieur le Capital; il cui obiettivo, tra gli altri, è di svestire i corpi e di promuovere l’ideologia del godimento individuale senza limiti.

L’emancipazione non è più pensata come lotta per l’eguale libertà, per i diritti sociali e per il lavoro: è pensata come godimento disinibito e postmoderno di individui senza identità e senza cultura, infinitamente manipolabili dalle logiche dell’edonismo promosso dal mercato.

Si tratta di proteste puramente organiche al capitale: per un verso, si pongono come strumenti di “distrazione di massa”, illudendo le masse manipolate che il massimo di emancipazione possibile nel tempo del precariato generalizzato e della disoccupazione giovanile al 40 % sia il godimento individualistico con i seni al vento; per un altro verso, la loro protesta è la protesta stessa che il capitale – dal ’68 ad oggi, in forme sempre più grossolane – sta conducendo contro i retaggi della cultura borghese. Come ho cercato di chiarire nel mio libro “Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo”, il “capitalismo assoluto”, basato sull’estensione illimitata della forma merce a ogni ambito del reale e del simbolico, è, nel suo sviluppo, incompatibile con la cultura borghese, con l’idea borghese dell’“eticità” (Hegel), con la visione borghese della religione e dello Stato, della misura e del limite.

Dopo averla incorporata per duecento anni circa, deve ucciderla. È ciò che sta accadendo – lo ripeto – dal Sessantotto ad oggi: le Femen – che lo sappiano oppure no – sono al servizio di questa dinamica ultracapitalistica.

Il capitale deve, per ciò stesso, condurre una violenta lotta contro la borghesia, contro il suo mondo valoriale (scuola ridotta ad azienda, famiglia distrutta e sostituita da atomi di godimento individuale, distruzione degli Stati nazionali, dei diritti sociali, del lavoro, ecc.): e questo di modo che ovunque domini la mercificazione illimitata, senza barriere per il principio della crescita infinita, del godimento – e dunque del consumo – illimitato, senza inizio né fine. Nel mondo del “capitalismo assoluto” tutto va bene, tutto è possibile, ma a due condizioni: a) che ve ne sia sempre di più; b) che si disponga dell’equivalente monetario corrispondente per poterselo permettere.

In questa cornice teorica, si capisce in che senso le rivolte delle Femen rientrino pienamente nel novero delle rivolte del capitale contro i residui della civiltà borghese: il capitale vuole distruggere ogni etica e ogni religione (sia cristiana sia islamica), perché esse sono un limite al dilagare del nichilismo della forma merce. L’“astuzia della ragione” capitalistica sta nel destare l’illusione che si tratti di proteste emancipatorie e magari anche anticapitalistiche, inducendo gli schiavi ad amare gli oppressori e le loro stesse catene. Chi pensa che le Femen lottino per l’emancipazione o è in cattiva fede, o semplicemente non ha capito nulla.

Articolo Precedente

Non profit: i giovani italiani in fuga da corruzione e inefficienze

next
Articolo Successivo

Sud e camorra come ‘elemento costitutivo’: poche idee ma ben confuse

next