È stata da subito ribattezzata il nuovo Eldorado dei consumatori italiani: è la portabilità del conto corrente. Grazie al decreto legge 3/2015 sulle banche popolari ha trovato posto anche questa misura che dal 25 giugno consente di trasferire il conto senza più attese, burocrazia e spese. Una procedura anche veloce, visto che avviene in massimo 12 giorni lavorativi dal momento in cui il cliente autorizza la nuova banca a trasferire il conto. Si tratta di un limite perentorio valido per tutte le banche e gli istituti di pagamento entro cui chiudere anche i servizi finanziari e di pagamento che sono appoggiati sul conto, come l’accredito dello stipendio, le utenze domestiche o la rata del mutuo. Un Eden, appunto, per i milioni di correntisti italiani costretti, invece, da decenni a pagare centinaia di euro ed aspettare anche 3 mesi per cambiare banca. Tutto in barba alla concorrenza e al risparmio, nonostante dal 2007 – quando Pierluigi Bersani mise in atto le famose lenzuolate nel nome della liberalizzazione – sia stato già cancellato il costo di chiusura del conto.

Nessun indugio, quindi, per tutti i risparmiatori che negli ultimi 55 giorni hanno deciso di cambiare banca in tempi certi e rapidi avendone trovata un’altra più conveniente? Veramente gli istituti non mettono più i bastoni tra le ruote a coloro che le vogliono abbandonare, utilizzando ottime armi come le lungaggini burocratiche o i numerosi balzelli? Purtroppo la risposta è negativa: fino ad aggi risulta ancora difficile il passaggio da una banca all’altra e quello che si trova superando la porta girevole delle filiali sono solo informazioni fuorvianti, moduli che mancano e procedure che non tengono conto della nuova legge, così come ha dimostrato un’indagine sul campo condotta da Altroconsumo.

Anche se banche e poste hanno avuto tre mesi di tempo per adeguarsi alle nuove norme, gli stessi operatori continuano a non conoscere (o ignorare) le novità della procedura di portabilità. In primis quella che riguarda il modulo di richiesta per trasferire il conto corrente. Il cliente che vuole cambiare conto, infatti, non deve fare altro che recarsi nella nuova banca e compilare un’autorizzazione in cui indicare i bonifici e gli addebiti diretti da trasferire, se intende trasferire il saldo positivo del conto e se intende anche chiudere il conto originario. Peccato che poi nella realtà il documento non si trovi o che, comunque, durante l’indagine condotta dall’Associazione, sia stato reperito solo nell’8% dei casi. Una percentuale che, ironia della sorte, è uguale al numero dei correntisti tradizionali che – riporta il Sole 24 Ore – nel 2014 hanno deciso di tradire il proprio istituto. (Sale, invece, al 18% il numero dei clienti online).

Eppure il risparmio è proprio dietro l’angolo: secondo l’Antitrust, infatti, cambiando il conto corrente si potrebbero risparmiare fino a 180 euro all’anno. Mentre si scopre – da un monitoraggio Adusberf e Federconsumatori di dicembre 2014, che il costo medio di gestione di un conto con “profilo a bassa operatività” è di 321 euro, contro una media europea di 114 euro.

Del resto gli ostacoli disseminati dal sistema bancario per scoraggiare la portabilità sono alimentati anche dalla cattiva comunicazione che si trova tutt’oggi allo sportello. La procedura che continua a essere comunicata al cliente è quella vecchia (chiudere il vecchio conto, aprirne uno nuovo e solo allora trasferire i rapporti), mentre dal 25 giugno le nuove norme prevedono che sia la nuova banca a mettersi in contatto con la vecchia per il trasferimento entro due settimane dei servizi di pagamento. Tempistica che, meglio sottolinearlo, non dipende dalle banche ma è uguale per tutti.

In particolare, come previsto dal dl, al termine dei 12 giorni la nuova banca deve essere pronta per far partire bonifici a decorrere dalla data specificata dal correntista; accettare gli addebiti (i Rid bancari); comunicare ai pagatori (ad esempio il datore di lavoro) le nuove coordinate bancarie dove accreditare lo stipendio; mandare la stessa comunicazione anche ai beneficiari dei Rid, come i gestori di telefonia, luce e gas.

E, come avviene troppo spesso quando si è alle prese con i diritti dei consumatori, oltra al danno spunta anche la beffa. Anche se la legge 33/2015 prevede un indennizzo per il cliente in caso di ritardi nella procedura per un valore proporzionale ai giorni di ritardo e alla giacenza del conto da trasferire, il risarcimento ancora non c’è. Il dl di marzo, infatti, rimandava a un decreto attuativo che il ministero dell’Economia, sentita la Banca d’Italia, avrebbe dovuto emanare entro la fine di luglio, vale a dire entro 4 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione. Un documento fondamentale per definire meglio i dettagli per cui, di fatto, la portabilità parte senza l’indennizzo per il cliente.

Cosa significa? Che le banche, almeno fino all’emanazione del decreto, continuano a non rischiare nulla ostacolando la portabilità o dilatandone i tempi. L’ennesimo caso di rivoluzione mozzata, nonostante questa procedura possa concretamente facilitare la mobilità dei correntisti. Va detto che i più ostinati che non vogliono proprio arrendersi allo strapotere bancario possono, nel caso in cui si ritengano danneggiati dal ritardo del trasferimento del conto, fare un reclamo presso la fliliale o rivolgersi all’Arbitro bancario e finanziario. Tuttavia le decisioni dell’Abf non sono vincolanti come quelle del giudice. Ma se la banca non le rispettasse, il suo inadempimento verrebbe reso pubblico. Insomma, semplice pessima pubblicità.  E le parti coinvolte hanno sempre la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria.

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