Governo battuto sul parere di costituzionalità alla riforma della scuola. Con 10 voti contrari e 10 a favore il parere in commissione Affari Costituzionali del Senato non passa per il “voto determinante” di Mario Mauro, senatore di Gal che nei giorni scorsi ha annunciato l’uscita dalla maggioranza dei Popolari per l’Italia, movimento di fuoriusciti da Scelta Civica, che in Parlamento ormai rappresenta gruppuscoli sia alla Camera che al Senato che però possono far pesare la propria presenza nelle commissioni. Il parere della prima commissione del Senato potrà comunque rivotato dall’Aula se ne verrà fatta richiesta. “Da un punto di vista costituzionale la riforma della buona scuola è scritta male – osserva Mauro – pertanto fermiamoci e riscriviamola meglio”. La presidente Anna Finocchiaro ha votato “si”, quando per prassi i presidenti di commissione non votano. Al momento del voto, peraltro, i senatori di Nuovo Centrodestra non erano presenti al momento del voto: Gaetano Quagliariello, Andrea Augello e Salvatore Torrisi. Erano invece presenti ben due senatori di Gal, gruppo che per composizione numerica dovrebbe avere un solo rappresentante in commissione: Mario Mauro e Giovanni Mauro (eletto con Grande Sud). Al gran completo i senatori Pd. Il governo – paradosso nel paradosso – era rappresentato dal sottosegretario Angela D’Onghia che fino alla scelta di Mauro di lasciare la maggioranza era in quota Popolari per l’Italia. Ad ogni modo le opposizioni esultano, a partire dalla M5s Fabiana Dadone.

Poco fa sul disegno di legge “buona scuola” il Governo è andato sotto sul parere di costituzionalità.Significa che la…

Posted by Fabiana Dadone on Martedì 9 giugno 2015

Nonostante la battuta di arresto l’esame del disegno di legge prosegue in commissione Istruzione, come scrive il presidente Andrea Marcucci (Pd) su Twitter, l’illustrazione degli emendamenti andrà avanti anche domattina. Quindi si aspetterà il parere della commissione Bilancio sugli emendamenti per iniziare a votare. Da quanto apprende l’agenzia politica Public Policy, il voto sul parere costituzionale ha riguardato il testo del provvedimento e solo una parte degli emendamenti. Secondo quanto viene riferito, quindi, il parere potrebbe essere superato già con gli emendamenti presentati dai relatori. Non essendo stato un voto negativo sui presupposti di costituzionalità, potrebbe non servire un voto in Aula che “smentisca” quello in commissione.

La notte tra lunedì e martedì il primo nodo politico era stato alla direzione del Pd, partito di maggioranza relativa che sostiene il governo. Lì il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva lasciato qualche strada per il dialogo con la minoranza interna che da settimane contesta alcune parti della riforma. In questo caso, tuttavia, il significato del voto in commissione pare meno “politico” nel senso che Mauro (ex Forza Italia, rieletto con Scelta Civica che ha abbandonato poco dopo l’insediamento in Parlamento) ha deciso la fuoriuscita dei Popolari per l’Italia, ma quando si è voltato era praticamente solo perché Pi aveva 5 tra deputati e senatori: due (Domenico Rossi e Angela D’Onghia) sono sottosegretari e hanno preferito lasciare il partitino per tenersi il posto di governo e un terzo (Tito Di Maggio) è passato nel gruppo dei fittiani (e peraltro stava votando contro l’esecutivo ormai da mesi). Anche per tutti questi motivi la capogruppo in commissione Doris Lo Moro parla di “un infortunio che non pregiudica in alcun modo il percorso della riforma della scuola a Palazzo Madama”.

Ci crede, invece, il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta: “Il governo è andato sotto sulla pregiudiziale sul ddl Scuola. Per il governo è l’inizio della fine. Avevamo detto a Renzi che sarebbe stato un Vietnam e lui ha ironizzato. Adesso il Vietnam lo sta vivendo. Benvenuto ed auguri”. Per la capogruppo del gruppo misto Loredana De Petris (Sel) :”è la prima battuta d’arresto per una riforma che non piace a nessuno dei soggetti coinvolti ma che Renzi vuole imporre a tutti i costi. E’ ora che il governo si decida a discutere le sue scelte e a correggere i suoi errori in un democratico confronto con il Parlamento”.

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