È di 9 anni di reclusione la richiesta avanzata dal pm alla seconda udienza del rito abbreviato contro don Giovanni Desio, 53enne originario di Milano ed ex parroco di Casalborsetti, arrestato il 5 aprile 2014 con l’accusa di atti sessuali su quattro minori che gli erano stati affidati. L’udienza, avvenuta al Palazzo di Giustizia di Ravenna di fronte al gup Antonella Guidomei, segue quella del 9 marzo scorso, in cui si erano costituite quattro parti civili: due minorenni con i genitori, la Diocesi di Ravenna-Cervia e l’associazione ‘Dalla parte dei minori’, attiva sul territorio dal 2003. Non si erano costituiti, invece, il Comune di Ravenna e altri due ragazzini molestati.

Il prete, sospeso a divinis, dopo aver trascorso oltre sette mesi nella sezione ‘protetti’ del carcere di Forlì, si trova ora agli arresti domiciliari in una struttura religiosa di Città di Castello. Sono in tutto quattro i reati dei quali ‘zio John’, come lo chiamavano i fedeli, deve rispondere, a partire dall’avere fatto sesso con ragazzini tra i 12 e i 15 anni a lui affidati. Il parroco, su indicazione del suo avvocato, era presente in aula ma, al termine dell’udienza, non ha rilasciato dichiarazioni ai numerosi giornalisti e fotografi assiepati nel corridoio. Solo pochi giorni fa, però, con una lunga lettera recapitata alle testate locali, il prete che per tredici anni ha prestato servizio nella località rivierasca, aveva fatto mea culpa, chiedendo perdono alle giovani vittime, alle famiglie, alla Chiesa, all’Arcivescovo e alla comunità intera per “avere praticato e diffuso il male, facendo vacillare la fede di molti”. Un riferimento, quello alla comunità intera, addotto anche tra le motivazioni della Diocesi nella sua decisione di costituirsi parte civile, sottolineando la volontà di prendere le distanze dal parroco di Casalborsetti non solo per il danno d’immagine subito dall’operato dei sacerdoti, ma anche per il danno alla morale collettiva.

“Ha scritto e riscritto diverse volte le sue memorie in questi mesi di detenzione a Città di Castello – ha commentato l’avvocato difensore di don Giovanni Desio, Battista Cavassi –, mesi in cui ha anche pensato al suicidio”. Il parroco, ripercorrendo la vicenda e mettendo nero su bianco il proprio stato d’animo, ha confessato di avere commesso “quei fatti che sono nei capi d’imputazione” e del cui ricordo ha “profonda vergogna”. Ha inoltre invocato il perdono, seppur conscio di “non meritarlo per l’enormità dei peccati commessi”. Desio non si è definito pedofilo, ma ha fatto riferimento a una “pericolosa e ripugnante deriva efebofila” alla quale è stato “strappato dall’arresto”, specificando però di non aver “mai fatto uso né di violenze né di minacce” . In carcere, scrive ancora Desio, “ho capito, fino in fondo, quanto fosse stata grande la mia ingratitudine verso Dio e verso il mio prossimo”. Infine, il parroco ha definito il pentimento come una condizione che deve essere “permanente”, un “cammino senza fine che passa attraverso il rimorso, la costrizione e la volontà di riparare”.

L’abbreviato, che garantisce al parroco lo sconto di un terzo della pena (rischiava fino a 14 anni), sarà condizionato dalla testimonianza del direttore della struttura di Città di Castello, dove l’ex sacerdote sta scontando i domiciliari dallo scorso novembre; per i risarcimenti, Desio ha avanzato la proposta di 100mila euro totali per le quattro famiglie. La sentenza è prevista per il 15 maggio.

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