Un’opera faraonica mai realizzata, due Procure, stessa accusa e un comune accusato: il senatore e presidente della commissione Bilancio al Senato Antonio Azzollini. Dopo la Procura della Repubblica di Trani, anche la Procura della Corte dei Conti di Puglia bussa alla porta dell’uomo più potente di Molfetta. Lo fa per chiedergli un risarcimento da 7,8 milioni di euro. La stessa cifra che il Comune, a quel tempo guidato da Azzollini, concesse, senza obiezione alcuna, alla Cmc di Ravenna per risarcirla dei lavori di costruzione del porto mai cominciati per la presenza, sul fondale, di ordigni bellici. Quella transazione milionaria fu, per la Procura della Repubblica di Trani, una truffa allo Stato ed è ora, per la Corte dei Conti, un danno erariale.

Le prime informazioni sono filtrate, qualche settimana fa, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti di Puglia. Nella relazione il procuratore regionale Francesco Paolo Romanelli ha messo in evidenza la corposa attività istruttoria condotta nel 2014 dalla Corte, con particolare riferimento “alla colposa precostituzione delle condizioni che hanno consentito la liquidazione, in favore dell’impresa appaltatrice dei lavori di realizzazione del nuovo porto commerciale di Molfetta, di un consistente importo a definizione delle riserve da questa iscritte per l’ingiustificato protrarsi dei tempi di esecuzione delle opere di dragaggio (danno di 7,8 milioni di euro)”.

Ora ilfattoquotidiano.it è in grado di rivelare nuovi particolari. Ad Antonio Azzolini e a una decina di persone in tutto tra dipendenti e funzionari del Comune, il 25 febbraio scorso è stato notificato l‘invito a dedurre: hanno tempo sino al 24 marzo per spiegare perché quel parere favorevole alla richiesta della Cmc non debba essere ritenuto un grave danno alle casse pubbliche. Dopodiché la Corte dei Conti avrà 120 giorni di tempo per approfondire le indagini, fare le proprie valutazioni e decidere se proseguire con la richiesta di giudizio o archiviare l’inchiesta. Ipotesi, quest’ultima, improbabile.

L’inchiesta contabile è partita su impulso del procuratore regionale stesso che, appresi dalla stampa tutti i risvolti della vicenda penale, ha chiesto gli atti al procuratore capo di Trani Carlo Maria Capristo. Gli approfondimenti che sono seguiti si sono conclusi con l’accusa: gli amministratori comunali che hanno approvato il progetto esecutivo avevano il dovere di considerare la reale condizione del porto. Del resto nel Comune tutti sapevano che non era fattibile nei tempi indicati, ma soprattutto, lo sapeva l’attuale presidente della Commissione bilancio del Senato. Quel progetto esecutivo presentato dall’impresa con annesso crono-programma dei lavori non era realizzabile perché, come era noto a tutti, il dragaggio dell’area era reso impossibile dalla presenza sul fondale di decine e decine di ordigni risalenti alle guerre mondiali. Quindi – e questa è l’accusa – chi ha approvato quel progetto ha la colpa grave di aver determinato un ulteriore esborso di denaro pubblico per risarcire l’impresa.

I magistrati contabili hanno anche ipotizzato una ripartizione del risarcimento da 7,8 milioni di euro a seconda del ruolo e della responsabilità che l’allora sindaco Azzolini, gli amministratori e i funzionari coinvolti, avevano nella faccenda. Il sindaco-senatore, naturalmente, aveva un ruolo determinante. Sull’intera vicenda i magistrati mantengono il più stretto riserbo. Fatto sta che la lista di accuse per Azzolini si allunga: oltre a quelle sollevate dalla Procura penale di truffa ai danni dello Stato, di falso ideologico, di falso in atto pubblico, di abuso d’ufficio, di violazione delle normative ambientali, di violazioni della normativa sul lavoro, di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, si aggiunge quella di danno erariale mossa dalla Procura della Corte dei Conti.

Del resto la vicenda è tutto fuorché conclusa sebbene abbia avuto origine 9 anni fa. La gara per la costruzione del porto è stata bandita nel 2006, vinta per 59 milioni di euro dalla Cmc di Ravenna. Ma già nel 2009 la situazione, complessa, è emersa con chiarezza: l’Autorità di vigilanza sugli appalti pubblici redige una relazione che, tra le altre irregolarità riscontrate, evidenzia come “la non completa definizione del progetto definitivo dei lavori, non consente la completa definizione dei costi e dei tempi per la realizzazione dell’intervento”.

Un anno dopo, dalla Cmc, arriva la prima richiesta di risarcimento. Nel 2013 la seconda, questa volta da 21,5 milioni di euro. Ma il sindaco, intanto, è cambiato e Paola Natalicchio, primo cittadino in carica, la nega. Nel frattempo i milioni per il porto sono diventati 170, gli indagati 61, gli arrestati due. Il Senato, poi, ha negato alla magistratura l’uso di alcune intercettazioni a carico di Azzollini, con il voto determinante del Pd e conseguente esplosione del caso politico. Intanto, nell’ultima legge di stabilità il governo ha stanziato altri 10 milioni di euro per l’opera tuttora ferma e incompiuta. E un uomo ha messo fine alla sua vita gettandosi con l’auto nelle acque del porto. Era Enzo Tangari, responsabile del settore appalti del Comune di Molfetta.

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