Sogno, immaginazione, ricerca dell’impossibile o semplicemente la riconferma che nulla è assoluto?

Il mondo dell’utopia ricco di riferimenti pseudo – consolidati, condizione di leggerezza appesa a un filo invisibile che può spezzarsi in ogni momento e travolgere tutto …

L’universo fantastico di Escher è un mondo a sé, da ‘vivere’ lasciando fuori le credenze convenzionali e le certezze acquisite. Lasciarsi andare, o meglio, abbandonarsi e sprofondare nel mondo immaginario o da immaginare, infantile a volte, però, nello stesso tempo, strutturato con una precisa regolarità. La ripetizione e l’infinito, le famose mani (Mani che disegnano, 1948), ognuna impegnata a ritrarre l’altra, il paradosso che traccia un mondo impossibile però basato su premesse vere.

Nel corso della storia l’uomo ha espresso il bisogno di capire e di spiegare il mondo attraverso le religioni, le arti, le scienze, la filosofia. In Escher c’è tutto questo. Una ricerca complessa che indaga l’universo e i suoi limiti e, a volte, va oltre. Per l’artista olandese il cosmo è il mondo ordinato, e la natura, benché dominata dall’umanità, resta fonte di bellezza, d’armonia e di perfezione. Da qui nascono le sue prospettive mutevoli: una volta terminata l’esplorazione del noto e del conosciuto, l’occhio scopre altri orizzonti (Tre mondi, 1955).

Come appare l’interno di una chiesa cambiando semplicemente il convenzionale punto di osservazione? Come rendere la prospettiva a 360° che si presenta dall’alto di una torre? L’immagine si trasforma e diventa quasi un rilevamento topografico, l’opera si dilata e diventa un panorama spettacolare, dove l’onirico prende il sopravvento e risucchia l’occhio di chi osserva in un vortice infinito (Giorno e notte, 1938).

escher
Foto: www.palazzoalbergati.com

Sembra tutto calcolato eppure, la breccia dell’ignoto incombe con prepotenza restituendoci memorie remote, forse pure troppo azzardate: un Jules Verne che trasforma la parola in grafismo e ci conduce in altre e nuove esplorazioni spaziali, al di là del visibile e del materiale. Le leggi di gravità non valgono, i concetti di alto e basso perdono significato, le proporzioni scompaiono.

Escher ‘ruba’ alla scienza le sue conquiste e reinterpreta: animali, insetti, rettili, prendono vita solo dopo una metamorfosi di semplificazione geometrica. L’autore stesso racconta: “Uno di questi animali allunga una zampa al di là del bordo del quaderno e si distacca per entrare nella vita reale. Si arrampica per procedere, con fatica, su una salita scivolosa di una squadra da disegno, fino all’apice della sua esistenza. Dopo un breve riposo torna verso il basso sulla superficie piatta della carta da disegno, dove, ubbidiente, s’inserisce fra i suoi vecchi compagni e riprende la sua funzione di elemento della divisione del piano”.

E’ lo spazio di Escher, illimitato e terrificante. La rassegna, prodotta e organizzata da Arthemisia Group, in collaborazione con la Fondazione Escher, mette in mostra più di 150 opere dell’artista olandese ed è ospitata in una delle residenze storiche più affascinanti di Bologna, fresca di restauro, un tempo residenza cittadina della famiglia Albergati.

A Palazzo Albergati (via Saragozza 28, Bologna) dal 12 marzo al 19 luglio 2015

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