200 lavoratori lasciati a casa, su un totale di 400 dipendenti, a partire dal prossimo 7 maggio. Arriva come una doccia gelata a pochi minuti dall’inizio dell’incontro con i sindacati confederali, l’annuncio di Coop Costruzioni, colosso edile bolognese della galassia Legacoop, che il 6 marzo ha comunicato ai rappresentanti dei lavoratori la volontà non rinnovare i contratti di solidarietà oggi in vigore per il 50% del personale assunto. Che, di fatto, se non verrà riaperta una trattativa per il ricorso ad altri ammortizzatori sociali, a partire dal 7 maggio prossimo rimarrà disoccupato. “E’ un passo doloroso ma necessario per salvaguardare la cooperativa”, spiega in un comunicato stampa il presidente di Coop Costruzioni Luigi Passuti, contro cui si schierano a fronte compatto Cgil, Cisl e Uil, che definiscono la decisione “un atto unilaterale, inaccettabile, che tradisce i valori cooperativi”. “Solo in questo modo – sottolinea Passuti – i cantieri continueranno a funzionare a pieno regime”.

Dietro alla decisione di tagliare il personale, spiega la cooperativa, che oggi lavora anche al cantierone bolognese, via Rizzoli e via Ugo Bassi, c’è la crisi: “Che non solo non si è allentata – precisa il presidente di Coop Costruzioni – ma è diventata ancora più acuta”. Se già da tempo, infatti, l’intero comparto emiliano romagnolo è in sofferenza, dalla Cesi di Imola all’Iter di Ravenna, fino a Unieco e Coopsette di Reggio Emilia, così come va male il settore edilizio, uno dei più colpiti dalla recessione, anche le difficoltà di Coop Costruzioni non hanno radici recenti.

La strada intrapresa con i sindacati, quindi, un anno fa era stata quella degli ammortizzatori sociali, cioè i contratti di solidarietà, attivati proprio per gestire quelli che, a partire dal 7 maggio, diverranno esuberi. “Molte aziende si sono ristrutturate riducendo la forza lavoro – spiega sempre Pasutti – noi abbiamo fatto un’altra scelta, quella di mantenere tutti i posti di lavoro. Ma siamo rimasti i soli e nelle gare questo aspetto non viene premiato. Anzi”. Il riferimento è al meccanismo delle gare al massimo ribasso, che ha penalizzato anche la Coop bolognese. “Innescano dinamiche predatorie e creano un contesto malato nel quale non si distingue tra chi offre lavoro buono e chi utilizza escamotage e si colloca fuori dalle regole. Né si fanno distinzioni tra chi occupa solo alcune unità per poi ricorrere a manodopera d’occasione e chi, come Coop Cosruzioni, ha garantito negli anni una occupazione stabile a oltre 400 persone nel rispetto delle normative di sicurezza e con elementi di welfare aziendale”. Ora, conclude il presidente della cooperativa, “ci troviamo a un bivio, tra mantenere l’occupazione rischiando di dover poi chiudere, oppure riorganizzarci”.

Una spiegazione che però i sindacati respingono in toto. “L’azienda si era impegnata, tramite un accordo, a rinnovare i contratti di solidarietà per un altro anno – spiega Maurizio Maurizzi, segretario generale di Fillea Cgil Bologna – e questa, infatti, era la ragione dell’incontro convocato il 6 maro scorso. Invece, non appena ci siamo seduti al tavolo di trattativa, ci è stato comunicato che invece quei 200 lavoratori verranno lasciati a casa. La parola licenziamento non è mai stata usata, ma dal momento che l’azienda non ha prospettato per loro alcuna alternativa, alla scadenza dei contratti di solidarietà è ovvio perderanno il lavoro”.

Il 12 marzo prossimo, quindi, è stata convocata un’assemblea con i lavoratori della cooperativa per decidere, spiega la Cgil, “quali azioni di protesta mettere in atto. Sappiamo già che sarà una mobilitazione dura, che non garantirà la presenza degli operai in alcun cantiere, e che andrà avanti finché la Coop Costruzioni non tornerà a sedersi al tavolo della trattativa per parlare di ammortizzatori sociali conservativi”. La prossima settimana, poi, i sindacati richiederanno anche l’attivazione di un tavolo di crisi alla Città Metropolitana: “Questa situazione è un vero e proprio problema sociale per Bologna – conclude Maurizzi – è un dramma, e serve l’intervento delle istituzioni. Perché non so in che modo quei 200 lavoratori che a maggio saranno lasciati a casa potranno essere ricollocati, vista la crisi dell’edilizia e del mercato del lavoro”.

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