Non è la prima volta che uso questi miei supereroi per simboleggiare le nazioni. Nell’articolo di questa settimana sull’inserto economico del Fatto, Valeria Cipollone si sofferma sul mercato manifatturiero nel Regno Unito e di come l’Italia, decisamente indietro su questo fronte, dovrebbe prendere esempio.

A parte il Capitan Gas di qualche settimana fa – che fa il verso a Captain America – questi miei SuperUK e SuperItalia hanno un’origine un po’ complessa e mi tocca scomodare sia Rinascimento che Novecento per farvi capire cosa voglio dire. Disegno spesso la figura umana sintetizzandola molto, mi piace dargli una volumetria solida e per niente carnosa. Cerco spesso di farla apparire come se avesse un ché dei pupazzi di latta. Mi soffermo sempre a guardare quello che disegno – qualcuno potrebbe comprensibilmente darmi del narcisista e ci sta pure – ma è necessario per me soffermarmi su ciò che faccio. Sono ossessionato dall’idea di capire da dove arrivano le idee. Parte di queste arriva senza subbio dal proprio retroterra culturale e visivo. Molti artisti vi diranno che arrivano dal cuore. Io penso sia più o meno la stessa cosa.

La prima volta che ho avuto la sensazione di vedere dei corpi di latta vuota in un’opera d’arte è stata quando mi sono imbattuto in questo:

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È la corte di Mantova ritratta da Andrea Mantegna. Queste figure, seppur ricche di dettagli, incise dalle piegature delle vesti e dalle rughe, mi sono sempre sembrati dei pupazzi di latta vuota e – intendiamoci – per me è un complimento.

Forse ancora più fulminante è stata la prima volta che ho visto questo:

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È la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, un capolavoro come ce ne sono pochissimi. Qui addirittura i corpi dei cavalli sembrano delle lanterne luminose. Paolo Uccello riusciva ad essere statico e caotico al tempo stesso.

Questa capacità di alleggerire forme imponenti mi ha sempre intestardito. Ma le vere pietre miliari della mia formazione sono tutte nel 900. Aleksandr Deineka, un pittore russo poco studiato da noi, un gigante della figurazione, ha dipinto questo quadro che ho visto per la prima volta nell’enciclopedia Ulisse di Editori Riuniti (forse qualcuno se la ricorda), uno scrigno di laicità e immagini stupende, praticamente il mio primo manuale all’educazione visiva.

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Questo dipinto di Deineka oltre a folgorarmi per la sua imponenza e fissità – al colpo d’occhio le figure sembrano dei caratteri tipografici impressi su un manifesto – quando si va a cercare una volumetria in queste forme, si ritrova qualcosa di Andrea Mantegna, non trovate?

Anche qui i corpi sembrano vuoti, sembrano dei contenitori di latta e qui siamo in piena fase di esaltazione dell’industrializzazione per l’Urss. Questi corpi di latta non sono una scelta casuale, sono il ritratto di una nuova idea di umanità. E davanti al genio mi si accappona la pelle. 

Un altro gigante del 900 poco trattato da noi (ma sono certo che presto sarà riscoperto) è Oskar Schlemmer, un’artista della Bauhaus. 

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Un milione di illustratori hanno preso da lui consapevolmente o meno. Io non lo nego, gli ho letteralmente rubato la voluminosità delle forme. Qui tutto è bombato, siamo alla fiera della porcellana o del vetro soffiato. Tutto è così splendidamente leggero, grazioso, in punta di piedi e luminoso. Nelle “bomboniere novecentesche” di Oskar Schlemmer ci ho sempre visto qualcosa di Paolo Uccello.

Da dove arriva quello che disegniamo, che scriviamo, che diciamo?

Venite a trovarmi questo sabato alle 18 allo Spazio Wow di Milano, saranno esposti i miei lavori e quelli di altri artisti. E faremo due chiacchiere tutti insieme. Qui l’evento su facebook. Vi lascio con questo ipnotizzante balletto di Oskar Schlemmer. I vostri bambini lo ameranno.

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