Un appartamento nel cuore della Civita, il quartiere “alto” che domina lo strapiombo dei Sassi. Affollato tutto il giorno di giovani, davanti a computer e tablet, ma che non disdegnano una pausa a base della pasta che prepara la vicina di casa, la signora Maria, smagliante materese doc di 87 anni. Casa Netural (con la E, non è un errore, ma un richiamo a “net”, “rete”) è un po’ la sintesi della Matera di oggi, quella che si è candidata a diventare capitale europea della cultura nel 2019. Una sintesi di vecchio e nuovo. O meglio, un grande laboratorio del cambiamento possibile. Andrea Paoletti, il fondatore, un giovane architetto biellese che ha deciso di trasferirsi in Basilicata, lo chiama “un incubatore di sogni”: “Casa Netural è uno spazio di co-working destinato ai cittadini che hanno sogni professionali nel cassetto e spesso non osano metterli in pratica. Noi mettiamo a disposizione uno spazio di socializzazione e collaborazione, ma non solo, insegniamo anche come trasformare i sogni in realtà, a creare un modello di business e mettiamo le persone in contatto con la nostra rete in Italia e in Europa”. Paoletti ha scelto la Basilicata in quanto “terra inesplorata, quindi perfetta per sperimentare”.

Oggi si trova a vivere in una città che potrebbe diventare, da qui a 5 anni, cuore pulsante della cultura europea. “Un’eventuale vittoria sarà l’accelerazione di un caos. E dal caos nasce sempre un mutamento”. Paolo Verri, direttore della candidatura, torinese, già direttore del Salone del Libro e del Comitato per i 150 anni dell’Unità d’Italia, chiamato a coordinare il lavoro del comitato (con qualche malumore cittadino per la scelta di un “forestiero” per quel ruolo) è molto più ottimista, ovviamente. Matera ce la farà, sostiene, perché il dossier presentato è frutto di un lungo lavoro: l’Associazione Matera 2019 è nata nel 2009 da un gruppo di giovani locali. “In questi anni abbiamo convinto le istituzioni che si può lavorare sulla cultura, incrociata con l’innovazione tecnologica, che si può guardare al futuro investendo nelle persone e nei cervelli”. Matera 2019, nelle intenzioni dei promotori, non sarà solo una vetrina per begli eventi culturali. Come spiega il sindaco del Pd Salvatore Adduce “il dossier è il più importante programma politico di cambiamento della città, della Basilicata e di tutto il Mezzogiorno”.

L’idea di fondo, infatti, è qualcosa di più del rendere Matera attrattiva per i turisti di tutto il mondo, ma di farne una capitale della creatività, del design, delle professioni creative. “Vogliamo che Matera”, spiega Verri, “diventi una città che attrae persone che ci vengono a vivere”.

In questo senso si capisce perché il dossier punti molto su due progetti “centrali”: l’Istituto demoetnoantropologico (I-Dea), una sorta di grande archivio degli archivi a disposizione di chi vuole farne uso per progetti creativi, e l’Open Design school, che già a partire dal 2015 punta a creare una nuova generazione di designer che poi saranno le menti del cartellone di Matera 2019, fatto di oltre 100 eventi.

E chi paga? È già stata costituita una Fondazione, dotata di 20 milioni di patrimonio, in larga parte provenienti da fondi regionali di origine europea. Se Matera vincerà, se ne spenderanno altri 23 (10 di provenienza statale, altri 9 dagli sponsor, 4 da biglietti e merchandinsing). Ma se non vincerà, assicura Verri, molti dei progetti andranno avanti ugualmente, grazie alla Fondazione. Anche perché, spiega Raffaele Vitulli, fondatore di Matera Hub, consorzio nato proprio con l’obiettivo di costruire progetti di innovazione, il terreno da queste parti è fertile: “Matera sforna idee per contest nazionali e internazionali. L’incubatore Sviluppo Basilicata ha avviato 5 start up nel settore del videomaking, della bioedilizia, della grafica. Certo, questa è una città dove molti giovani non hanno ben chiaro il progetto di vita quindi se ne vanno. Ma il processo di candidatura può diventare un’eco internazionale , per cui Matera diventa attrattiva per investitori e giovani menti”.

Tuttavia la realtà impietosa dei numeri è un’altra: nel 2013 il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) era alla cifra record del 52,9%, il tasso migratorio ampiamente negativo, il distretto del divano, uno dei motori economici di questa zona, in picchiata (-10,25% aziende nel triennio 2009-2012, il gap infrastrutturale (unico capoluogo di provincia senza Ferrovie dello Stato) invariato. “Problemi veri che vengono nascosti sotto il tappeto della candidatura”, dice una voce fuori dal coro di quasi unanime consenso alla candidatura, che però preferisce restare anonima. È quella del fondatore e animatore di www.materatown.net, sito dei “fuorisede di Matera”, che usa la satira, l’indiscrezione, la polemica, per evidenziare i problemi della città e per fustigarne la classe dirigente. 

“Siamo di fronte ad un’operazione che finora ha portato vantaggi ai “soliti noti”, con alle spalle un triste codazzo ossequioso che spera un giorno anch’esso di poter ottenere un posto al sole”. Con un italianissimo corollario di opportunismi e conflitti di interesse: “Angelo Tosto”, racconta il responsabile di Matera Town, “imprenditore televisivo competitor del sindaco alle elezioni, era uno dei più fieri avversari della candidatura. Oggi ne è diventato uno dei più fervidi sostenitori, tanto da creare un canale tv tematico ad hoc. E l’azienda di cui sua figlia è vicepresidente ha avuto l’incarico di realizzare un sondaggio sul gradimento della candidatura tra i cittadini…”.

“I problemi di Matera li conosciamo, sono i problemi di un intero sistema paese, che certo una candidatura, da sola, non può risolvere”, replica Verri. “Ma Matera, che dopo lo sfollamento dei Sassi poteva diventare solo un sito archeologico com Machu Picchu, può proseguire il suo cambiamento costruendo un diverso modello: la differenza tra il dire e il fare è proprio il fare”.

di Silvano Rubino

Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 22 Settembre 2014