“Impara a sparare con il kalashnikov, poi ti dirò io cosa fare”. “Fatti furbo, attento alle microspie. E non permetterti di fare qualcosa senza il mio permesso”. Erano queste le lezioni che il presunto boss di camorra Aldo Gionta scriveva in una lettera nel febbraio 2008 (poi sequestrata) al figlio, mentre si trovava rinchiuso nel carcere milanese di Opera. Quegli insegnamenti gli valsero l’appellativo di “boss poeta“. Ma le parole di Gionta non avevano niente di poetico. Quelli che il reggente del clan di Torre Annunziata, figlio di Valentino Gionta (attualmente al 41-bis), fondatore della cosca, impartiva al figlio Valentino junior non erano altro che ammonimenti e ordini su come mantenere la leadership del comando, e soprattutto su come “fare soldi”. Adesso Gionta è stato di nuovo arrestato. Su di lui pendeva un provvedimento di fermo emesso dalla Dda della Procura di Napoli per associazione mafiosa. Era ricercato da maggio, e durante la latitanza era arrivato a travestirsi da donna pur di sfuggire alla cattura.

Sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata, insieme ai colleghi della compagnia di Modica, a catturarlo, un attimo prima che facesse perdere le sue tracce. Alle 20 e 10 di sabato 16 agosto, Gionta si trovava al porto di Pozzallo (Ragusa) e stava per imbarcarsi su un aliscafo diretto verso Malta. I militari in borghese, mischiati alla folla, hanno atteso che il boss a bordo di un’auto passasse il controllo dei biglietti e poi lo hanno bloccato insieme a due donne e un uomo. “Il poeta” era in possesso di una carta d’identità falsa e 1.000 euro in contanti. Non è ancora chiaro se Gionta si sarebbe fermato a Malta o avrebbe proseguito per il Nord Africa. Le tre persone che si trovavano con lui sono state arrestate per favoreggiamento personale. Si tratta di un 23enne e una 32enne di Torre Annunziata, e una 38enne di Sant’Antonio Abate. Il provvedimento a loro carico è stato emesso dal sostituto procuratore di Ragusa, Angela Messina, adesso sono in attesa del rito direttissimo. Mentre Aldo Gionta si trova nel carcere di Siracusa.

Il boss era sfuggito lo scorso 5 giugno a un blitz delle forze dell’ordine che portò alla cattura di 10 suoi complici. Dalle indagini dei militari dell’Arma è emerso che “Il poeta”, durante i suoi spostamenti, si camuffava con occhiali da vista e parrucche, arrivando anche a travestirsi da donna per sfuggire alla cattura. Il clan Gionta negli anni Ottanta era alleato ad alcune cosche di Cosa Nostra operanti in provincia di Palermo e avevano combattuto, alleati dei Nuvoletta, contro la Nuoca camorra organizzata di Raffaele Cutolo.

La passione per la “scrittura” del “poeta” era costata cara anche a un cantante neo melodico Tony Marciano, arrestato a luglio di due anni fa in un’operazione dei carabinieri contro il traffico di droga, e considerato vicino al clan di Torre Annunziata. Secondo gli inquirenti alcuni messaggi scritti da Gionta sarebbero finiti in alcuni suoi testi. In una canzone Nun Ciamma Arrennere (Non ci dobbiamo arrendere, ndr), Marciano accusa i collaboratoti di giustizia, ma il latitante protagonista della storia assicura che i pentiti non gli faranno perdere la dignità.

“Si tratta dell’ennesimo segnale – ha commentato il ministro dell’Interno Angelino Alfano – che lo Stato dà al territorio a garanzia e a tutela dei cittadini onesti. Chi delinque non può mai farla franca e, alla fine, viene sempre individuato e assicurato alla giustizia. Un ringraziamento particolare, dunque, a coloro che, senza sosta e con professionalità e determinazione, lavorano per la legalità e per la sicurezza dei cittadini”.

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