Tutta colpa di un barbiere. Che per fortuna non si è fatto gli affari suoi. Quello di John Turturro, infatti, è una sorta di confidente al quale depositare folgorazioni, problemi e intime confessioni. Come quella di scrivere e girare un film su un Gigolò per caso con protagonisti se stesso e Woody Allen. Evidentemente la sua idea è suonata da vera e propria epifania alle orecchie attente del “barber” di New York, che il caso voleva fosse lo stesso del grande regista pluripremio Oscar. “Lingua lunga” si è fatto intermediario tra i due e in un batter d’occhio John & Woody si sono trovati nella stessa deliziosa commedia. Che da oggi Lucky Red distribuisce in circa 400 sale.

Fornita la genesi del progetto, urge distinguere “chi fa chi”: ebbene, Allen non è il gigolò, ruolo che invece si è conservato per sé il deus ex machina Turturro, che pur non essendo un adone alla vista, entra più plausibilmente nei panni di un lover professionista almeno per ragioni anagrafiche. “E poi scusate, non è necessario esser belli per essere sexy: pensate a Mick Jagger, con quella bocca che da piccolo mi faceva persino paura…” ha tenuto a precisare il simpatico italo-americano quando ha presentato a Roma il suo quinto film da regista. “Se è per questo neppure Woody Allen incarna sembianze apollinee, ma – chiosa Turturro – quando l’ho incontrato per parlare del film, ha iniziato a piegare la testa e guardarmi negli occhi con quel suo non-so-che: e allora ho finalmente capito perché Woody sia adorato dalle donne”.

Un tema da sempre ma oggi ancor più caldo, quello di “Allen & le donne”, che Turturro ha saggiamente accantonato: “Non sono a conoscenza dei fatti, quindi non posso parlare”. Di donne, e della loro sconfinata voglia di tenerezza a cui si aggiunge un proverbiale quanto inconsolabile stato di perenne solitudine, invece si parla parecchio nella nuova fatica di John, che al suo fianco ha voluto tre icone cinematografiche a simboleggiare altrettante diverse femminilità: la dermatologa frustrata ma intimamente passionale Sharon Stone, la focosa “dominatrix” latina Sofia Vergara e la dolce vedova Vanessa Paradis, appartenente a una comunità chassidica e dunque costretta dentro rigide regole. Turturro, che nel film porta il nome di Fioravante, mentre Allen è Murray detto “Bongo”, si trasforma in reticente gigolò spinto da quest’ultimo nel momento in cui la crisi impone ad entrambi di chiudere la vecchia libreria in cui lavoravano, con l’effetto del salvadanaio ormai svuotato. Protettore e protetto iniziano il business con un certo successo, ma l’inatteso attaccamento di Fioravante alla timida Avigal (Paradis) scombina carte e regole del gioco.

Lineare e senza ambire al capolavoro, Gigolò per caso s’inserisce nel genere commedia “deliziosa, garbata ma ironica” di cui l’idea e il riuscitissimo ensamble di interpreti potevano lasciar intravedere già sul copione. Se Woody Allen “fa” Woody Allen scodellando battute indimenticabili, la vera sorpresa è la francese in versione “Brooklyn jewish” Vanessa Paradis, perfettamente capace di restituire la tensione interiore del suo personaggio. Innamorato dell’antenata Penisola, e tuttora impegnato sul set di Mia madre per la regia di Nanni Moretti, Turturro ha voluto che Gigolò per caso fosse anche un film italiano. Due maestranze di rilievo spiccano infatti nell’elenco della troupe: Marco Pontecorvo ad illuminare la direzione della fotografia (“è Marco il gigolò a cui ci siamo ispirati…”) e Simona Paggi a confezionare un magnifico montaggio. Entrambi avevano lavorato con Turturro nel suo precedente e folgorante Passione: squadra che vince non si cambia.

Dal Fatto Quotidiano del 17 aprile 2014 

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