Ogni anno Banca Mondiale ed International Finance Corporation pubblicano un rapporto intitolato “Doing business”, in cui vengono analizzate le condizioni strutturali di 189 economie del mondo per capire quanto il sistema normative e i regolamenti di ciascun paese facilitino l’avvio e l’operatività di un’impresa. L’Italia nell’ultima rilevazione (giugno 2013) si è piazzata al 65esimo posto generale, appena dietro le Isole Fiji e Santa Lucia, mentre vantiamo un ben poco invidiabile 90esimo posto per quanto riguarda la facilità di aprire un nuovo business. Sono numeri non certo encomiabili per una delle prime 10 economie del mondo, non credete?

Uno dei motivi che hanno sempre determinate la bassa classifica italica è la mancanza di uno sportello unico per le imprese, un “gabbiotto” fisico e telematico attraverso cui il nuovo imprenditore può espletare tutte le pratiche relative all’apertura di un’azienda in un unico atto. E’ un concetto molto caro ai paesi di cultura anglosassone, che sono riusciti a centralizzare i servizi di supporto all’impresa in modo che l’avvio di un’attività possa passare attraverso un solo passaggio. L’imprenditore deposita la richiesta ed in seguito lo sportello unico si incarica di trasmettere il tutto ai vari uffici competenti, raccogliendo in seguito tutti i vari permessi e documenti necessari allo start-up che vengono prontamente consegnati al richiedente. Procedimento che di norma viene espletato in massimo 48 ore. Chi di voi è passato attraverso quest’esperienza in Italia sa bene quanto complessi siano i vari passaggi, quanto variegati siano gli uffici cui ci si deve rivolgere per ottenere tutti i permessi e quanto tempo occorra per completare il tortuoso iter. Non si parla di giorni, ma di mesi.

Diciamoci la verità: il concetto di gateway unico di accesso è piuttosto estraneo alla nostra cultura. Chissà, forse siamo figli della tradizione dei piccoli comuni, degli interessi particolari, dei microcosmi: ciò che è certo è che poco si è fatto negli ultimi decenni per semplificare il rapporto cittadino-pubblico amministrazione sotto questo aspetto. Bisogna riconoscere che abbiamo compiuto passi avanti nell’informatizzazione della pubblica amministrazione, ma il progresso tecnologico non è stato accompagnato da un ripensamento totale della struttura burocratica che governa i servizi ai cittadini.

Vi faccio due esempi molto semplici per farvi capire come funziona in altri Paesi e quanto ciò renda molto facile la vita del cittadino. In Australia, paese dove vivo, il rapporto con la pubblica amministrazione è regolato attraverso il sito mygov.au, portale cui si accede con un’unica password e username e che, una volta entrati, ti collega automaticamente ai vari servizi disponibili. Se vuoi rivolgerti ad un’agenzia per l’impiego, passi da qui; se vuoi verificare la situazione della tua tessera sanitaria, passi da qui; se devi richiedere assegni familiari, passi da qui. Semplice no? Senza avere papiri con mille password diverse, 40 siti registrati nei favoriti del proprio browser etc… Qui sei un cittadino, identificato con un unico numero (il Tfn, equivalente del nostro codice fiscale) e lo Stato comunica con te attraverso un unico canale di accesso, che poi ti rilancia al servizio che desideri.

Un altro esempio, anch’esso così semplice ed immediato che uno si chiede perché noi non ci abbiamo mai pensato. Hai un’emergenza di qualunque tipo in Australia? Ti senti male ed hai bisogno di un’ambulanza? Vuoi richiedere l’intervento della polizia? Chiami un numero unico: 000. Facile da ricordare, diretto. Un unico numero di tre cifre. Senza i test mnemonici richiesti al povero italiano per ricordarsi il numero di polizia, carabinieri, ambulanza, pompieri etc..

Sono queste le riforme che, a mio parere, conferirebbero un immediato valore aggiunto all’azione di qualunque governo. Perché facilitano la vita del cittadino-contribuente e, soprattutto, lanciano un messaggio molto chiaro: io Stato mi preoccupo di te, del tuo benessere, della tua sicurezza e pertanto faccio di tutto per garantirti la maggior facilità di accesso ai miei servizi. E’ così complicato da pensare e mettere in pratica?

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