“Quest’opera è un’azione politica. E come tale, non consentita. La rimuova!” Il Tokyo Metropolitan Art Museum, una delle più prestigiose istituzioni culturali pubbliche del Giappone, ha chiesto e ottenuto che un artista modificasse la sua opera – già esposta da alcuni giorni – in quanto ritenuta “politicamente schierata” . La notizia, che nessun quotidiano giapponese aveva ancora pubblicato, è apparsa oggi sull’Asia Wall Street Journal.  Conoscendo personalmente l’artista, tale Katsuhisa Nakagaki, l’ho chiamato al telefono. Più divertito – e un po’ stupito –  che incazzato,  mi ha confermato il fatto e raccontato alcuni particolari tanto inquietanti o quantomeno divertenti. “E’ una mostra collettiva, io sono presente con più di un’opera, una delle quali l’ho realizzata all’ultimo momento e rappresenta una specie di tomba  a forma di igloo, con il pavimento costituito da una bandiera Americana”. L’ho intitolata, provocatoriamente, Specie in via di estinzione, la tomba rotonda giapponese.

Sopra, appiccicati con lo scotch, vari articoli di giornale, foto, messaggi.  Uno ha dato fastidio ad un visitatore che si è lamentato con il curatore. Dopo tre giorni di tira e molla, l’ordine a Nakagaki: o lo togli, o togliamo l’opera e non esporrai mai più in questo museo. Così, a brutto muso. Ma che c’era scritto? Una frase lunga e complessa, ma  anche esplicita: “Rispettiamo la Costituzione. Basta con queste visite idiote allo Yasukuni. Fermiamo la svolta a destra di questo governo e mettiamoci alla ricerca di leader più intelligenti”. La frase, che al curatore era forse sfuggita, non è piaciuta alla direzione che (pare), dopo essersi consultata con il governatore in persona, il neoeletto conservatore Yoichi Masuzoe ha messo l’artista difronte all’aut aut. “Ho dovuto accettare, spinto anche dai miei colleghi, ma certo che sono sconvolto. Di questo passo non so dove andremo a finire. Questi idioti sono capaci di far scoppiare una nuova guerra”.

Confesso di appartenere alla sempre più ridotta schiera di coloro che sono più preoccupati per la deriva economica e sociale di questo paese – mascherata dai mantra senza senso dell’Abeniomics – piuttosto che di quella politica. Faccio fatica ad immaginare i cialtroni che vanno in giro in tuta militare dalle 10 alle 16 (rispettano rigorosamente gli orari) a urlare slogan volgari e bellicosi rappresentino qualcosa di più che un rumoroso intermezzo nel tranquillo e ordinato scorrere della vita di Tokyo, di gran lunga la capitale più organizzata e sicura del mondo. E dubito che i giapponesi di oggi possano seguire più di tanto non dico un personaggio scialbo come l’attuale premier Shinzo Abe, ma neanche un ipotetico nuovo leader che dovesse improvvisamente emergere e solleticare con un po’ più di verve il loro appassito “spirito” nazionale. Però non vorrei sbagliarmi.

Da trent’anni che son qui non ho mai visto tanta arroganza pubblica, tanto ardire, tanta ostentazione del potere. Certo repressione e censura in questo paese non hanno mai fatto difetto. Ma venivano esercitate dietro le quinte, di nascosto, e ufficialmente negate. E l’autocensura, cresciuta e oramai ben radicata ovunque,  bastava ad evitare ogni rischio di dover gestire in pubblico le disarmonie sociali. Vedremo se nei prossimi giorni qualcuno avrà il coraggio di insorgere, di protestare. Ma se, come teme lo stesso Nakagaki, tutto passerà in sordina, ho paura che abbiano ragione i miei amici e colleghi più pessimisti. Il fascismo nasce dall’intolleranza culturale. E da chi invece di insorgere, china la testa, guarda e passa.

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