Per Scajola non ci fu dolo, ma per Anemone sì anche se è passato troppo tempo e il reato è prescritto. Il “doppio verdetto” riguarda il caso della casa con vista Colosseo acquistata a prezzi fuori mercato dal politico. Per il giudice di Roma Eleonora Santolini il fatto non costituisce reato per l’ex ministro dello Sviluppo economico che è stato assolto, mentre lo è per l’imprenditore che pagò. Ma il reato ormai non è più punibile perché è passato troppo tempo.

La storia della casa acquistata “a sua insaputa” era diventata una barzelletta, ma aveva costretto l’ex parlamentare a lasciare il ministero nel maggio del 2010. Ora il magistrato riconosce quell’incosapevolezza a Scajola, per cui la Procura aveva chiesto tre anni. Per l’imprenditore Diego Anemone, per cui il pm aveva invocato identica pena, è stata appunto dichiarata la prescrizione. Per l’accusa Anemone avrebbe pagato, attraverso l’architetto Angelo Zampolini, parte della somma versata dall’ex ministro dell’Interno (1,1 su 1,7 milioni di euro) per l’acquisto dell’appartamento e avrebbe poi dato centomila euro per la ristrutturazione. 

Le due diverse decisioni del magistrato per i due imputati – in attesa delle motivazioni della sentenza – vengono quindi spiegate così. L’ex ministro sarebbe stato inconsapevole, come aveva continuato a ripetere, delle donazioni da parte dell’imprenditore che avrebbe così foraggiato un parlamentare senza poter poi pretendere nulla in cambio. Così per il politico è mancato – secondo il magistrato – il dolo, invece riconosciuto all’imprenditore. 

Durante la requisitoria i pm della procura di Roma avevano chiesto una condanna a tre anni di reclusione per l’ex esponente di Forza Italia e Pdl che era accusato di finanziamento illecito. Durante un’udienza dello scorso settembre l’ex parlamentare, che ha sempre negato ogni illecito, aveva dichiarato di non abitare più lì: “Sto provando a venderla ma chi si avvicina e capisce di che casa si tratta scappa via. Spero di riuscirci dopo il processo”. Per la Procura invece non era credibile che l’ex parlamentare non sapesse.

“Ho sempre detto la verità. Questo processo non doveva neanche cominciare perché era tutto prescritto: la decisione del giudice di assolvermi assume ancora maggior valore” dice l’ex ministro al telefono con Silvio Berlusconi subito dopo essere stato assolto. “Tre anni e 9 mesi di sofferenza che nessuno mi restituirà più. Mi sono dimesso da ministro perché mi sono reso conto che qualsiasi cosa dicessi per difendermi non risultava credibile, anche se era la verità. Ho preferito fermarmi e aspettare perché mi attaccavano da tutte le parti”. Oltre che con Berlusconi, l’ex esponente del Pdl ha brevemente parlato al telefono con Fedele Confalonieri e Niccolò Ghedini“Ho sempre rispettato la magistratura – ha aggiunto Scajola, lasciando il tribunale – ma, come scritto questa mattina in un sms a mia moglie, la verità prima o poi viene sempre fuori”.

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