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Piemonte, la Cassazione conferma l’irregolarità dei ‘Pensionati per Cota’

La Suprema Corte ha confermato la sentenza di appello sulla illegittimità della lista di Michele Giovine, schierata con il governatore, che aveva raccolto 27mila voti. Il Pd insorge: la sentenza “dà ragione a chi aveva denunciato le irregolarità e il conseguente esito elettorale falsato”
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Si riaccende lo scontro sulla legittimità della elezione di Roberto Cota alla presidenza della Regione Piemonte. E’ definitiva infatti la condanna di Michele Giovine per falsi elettorali: la Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Torino. Giovine è stato processato per le vicende legate alla sua elezione come consigliere regionale del Piemonte nella lista “Pensionati per Cota”, il cui ingresso nella competizione, secondo le accuse, fu macchiata da irregolarità nella presentazione dei candidati.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di Giovine, al quale, lo scorso 22 maggio, erano stati inflitti due anni e otto mesi di carcere. La lista “Pensionati per Cota” ottenne 27mila preferenze. Dopo il giudizio di secondo grado Giovine era stato sospeso dalla carica di consigliere (con l’indennità dimezzata) e al suo posto era entrata a Palazzo Lascaris la compagna, Sara Franchino.

La sentenza della Cassazione (che riguarda anche il padre di Giovine, Carlo, al quale è stata inflitta una pena coperta dalla sospensione condizionale) potrebbe avere effetti sui ricorsi elettorali presentati dall’ex presidente Mercedes Bresso, sconfitta da Cota in una elezione di cui chiedeva l’invalidamento. Il Pd protesta e chiede ora di rivedere l’esito del voto: una sentenza “che dà ragione a chi aveva denunciato le irregolarità e il conseguente esito elettorale falsato e mette a tacere tutti coloro che a questo proposito avevano parlato di strumentalizzazioni prive di sostanza”.

La questione dovrebbe comunque risolta dalla giustizia amministrativa. Per Giovine, in ogni caso, la Corte d’Appello aveva disposto l’interdizione dai pubblici uffici per due anni e, a quanto si apprende, la Cassazione non è intervenuta sul punto. Il consigliere, per evitare il carcere, potrà chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali.

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