Santi ma non subito. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II dovranno, infatti, attendere il 27 aprile 2014 per essere canonizzati da Papa Francesco. Lo ha annunciato lo stesso Bergoglio nel suo primo concistoro con i cardinali presenti a Roma. Nella stessa occasione, quasi otto mesi fa, Benedetto XVI aveva annunciato al mondo la sua intenzione di rinunciare al pontificato. La data scelta dal Papa argentino per elevare agli onori degli altari i suoi due predecessori non è casuale. Il 27 aprile del prossimo anno, infatti, la Chiesa celebrerà la festa della divina misericordia istituita proprio da Giovanni Paolo II.

Ed è proprio la misericordia, termine presente anche nel motto episcopale di Bergoglio, una delle parole chiave dei primi mesi di pontificato di Francesco. Per il Pontefice argentino canonizzare insieme Roncalli e Wojtyla è “un messaggio alla Chiesa: questi due sono bravi. Ma – ricorda il Papa – ci sono in corso anche le cause di beatificazione di Paolo VI e di Albino Luciani“. A Roncalli e a Wojtyla Francesco è particolarmente legato. Se fosse stato eletto al posto di Ratzinger nel 2005 Bergoglio, come ha rivelato lui stesso, si sarebbe chiamato Giovanni XXIV scegliendo il nome del “Papa buono”. Per Francesco, Roncalli “è un po’ la figura del ‘prete di campagna’, il prete che ama e sa curare ognuno dei fedeli e questo lo ha fatto da vescovo e da nunzio. Quante testimonianze di battesimo false ha fatto in Turchia in favore degli ebrei! È un coraggioso, un prete di campagna buono, con un senso dell’umorismo tanto grande e una grande santità. Quando era nunzio – ha raccontato Bergoglio – alcuni non gli volevano tanto bene in Vaticano, e quando arrivava per portare cose o chiedere, in certi uffici lo facevano aspettare. Mai si è lamentato: pregava il rosario, leggeva il breviario, mai. Un mite, un umile, anche uno che si preoccupava per i poveri”.

Francesco ha sottolineato anche la grande intuizione di Roncalli di indire il Concilio Ecumenico Vaticano II. “Giovanni XXIII era un uomo docile alla voce di Dio, perché il Concilio gli è venuto dallo Spirito Santo, gli è venuto e lui è stato docile. Pio XII pensava di farlo, ma le circostanze non erano mature per farlo. Credo che Roncalli non abbia pensato alle circostanze: lui ha sentito quello e lo ha fatto. Era un uomo che si lasciava guidare dal Signore”. “Un grande missionario della Chiesa” è, invece, la definizione che Francesco dà di Wojtyla, il Papa che nel 1992 lo nominò vescovo ausiliare di Buenos Aires, nel 1998 arcivescovo della capitale argentina e nel 2001 lo creò cardinale. “Giovanni Paolo II è un missionario, un uomo che ha portato il Vangelo dappertutto. Viaggiava tanto. Sentiva questo fuoco di portare avanti la parola del Signore. È un san Paolo, è un uomo così; questo per me è grande”.

Per il “Papa buono” Bergoglio ha approvato un percorso privilegiato dispensando la sua canonizzazione dal riconoscimento di un secondo miracolo. Sarà invece la guarigione straordinaria della costaricana Floribeth Mora Díaz a condurre Wojtyla alla santità. Per lei la diagnosi non dava alcuna speranza: rottura di aneurisma fusiforme dell’arteria cerebrale media destra con emorragia subaracnoidea. Dopo alcuni giorni di ricovero i medici suggerirono al marito di riportarla a casa perché non c’era più niente da fare. È qui che Floribeth seguì in televisione la cerimonia di beatificazione del Papa polacco, il 1° maggio 2011, e pregò Wojtyla: “Intercedi presso Dio perché non voglio morire e aiutami a guarire”. Successivamente una nuova visita neurologica e due risonanze magnetiche eseguite nel 2011 e nel 2012 hanno evidenziato la completa scomparsa spontanea dell’aneurisma con ricostituzione di un albero vascolare normale. Ulteriori indagini hanno sia confermato i segni della sofferenza cerebrale e dell’ischemia, sia la completa guarigione della donna. Il 28 febbraio scorso, nell’ultimo giorno di regno di Benedetto XVI, la consulta medica della Congregazione delle cause dei santi ha approvato all’unanimità l’inspiegabilità scientifica dell’evento.

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