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Crescita, Squinzi: “Italia ferma per politiche e norme rigide oltre i limiti”

Il presidente di Confindustria: "Se il rigorismo e l'austerità mettono in ginocchio la tenuta sociale e il patrimonio delle nostre imprese affinchè altri possano fare shopping portandosi a casa i nostri pezzi migliori a prezzi di saldo, dobbiamo dire no”
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L’Italia non cresce perchè ha esasperato e irrigidito politiche e norme oltre ogni limite sopportabile. Anche il recepimento delle direttive comunitarie avviene sempre in modo restrittivo, quasi autopunitivo: dobbiamo convincerci del fatto che è un diritto sacrosanto esercitare la nostra posizione di forza e rivendicare i nostri valori nazionali”. Lo ha detto il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, in occasione dell’assemblea di Assolombarda per la ratifica della nomina del suo nuovo numero uno, Gianfelice Rocca.

“Una questione che oggi diventa incomprensibile è la rigidità assoluta della barriera al 3%: un limite che ad oggi non si può sforare”, ha aggiunto a proposito del rapporto tra debito pubblico e Pil. “E’ una logica difficilmente accettabile”. Secondo Squinzi si deve “considerare con attenzione la possibilità di modificare il modello di analisi e, come per il debito pubblico, il rapporto andrebbe tarato sulla ricchezza complessiva della Nazione”.

“Noi non cresciamo perchè sono vent’anni che paghiamo tasse sempre più alte, per contenere il debito pubblico e sorreggere la spesa pubblica, spesso improduttiva: la via più facile per tentare equilibrio nei conti pubblici, ma anche la più inadeguata”, aveva detto poco prima nel suo intervento davanti agli industriali lombardi all’insegna del mantra “se il rigorismo e l’austerità mettono in ginocchio la tenuta sociale e il patrimonio delle nostre imprese affinchè altri possano fare shopping portandosi a casa i nostri pezzi migliori a prezzi di saldo, dobbiamo dire no”.

Secondo Squinzi “la via difficile, ma corretta e che garantisce sicuramente il futuro, è operare scelte politiche che ci permettano di rimanere la quinta industria manifatturiera mondiale. Questo è l’obiettivo che dovremmo avere in testa, per mantenere il quale tutti dovremmo essere impegnati. Invece accettando la vulgata monetarista abbiamo finito con compromettere il mercato interno, attenendoci a dettami di austerità fine a a se stessa e accettando di ridurre il rapporto debito-pil asetticamente, senza una logica economica che accompagnasse questa scelta”.

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