Se le opposizioni non si parlano, alla fine è la maggioranza che prende le decisioni per loro. Succede infatti che l’incomunicabilità del M5s nei confronti di Sel provochi un accordo di Pd, Pdl e Lega sul nome di Giacomo Stucchi, ex capogruppo del Carroccio alla Camera per la presidenza del Copasir, su quello del grillino Roberto Fico per la Vigilanza Rai e, infine, di Dario Stefàno per la Giunta per le Immunità del Senato. Tutto pronto, tutto fatto senza che né Sel né i 5 stelle si siano confrontati sul da farsi. E con una parte di “finta opposizione” come la Lega che, in questo modo, riesce a conquistare la delicata poltrona del controllo dei servizi segreti; un proseguimento quasi perfetto della linea politica espressa nella precedente legislatura dall’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, di cui Stucchi è un fedelissimo della prima ora. L’intero “pacchetto nomine” vedrà la luce nelle prime ore del pomeriggio di domani; la convocazione delle commissioni è arrivata ieri, quasi a sorpresa, da parte dei presidenti delle Camere. A chiudersi per prima la vicenda del Copasir, a seguire la Vigilanza Rai, quindi, in ultimo, la Giunta del Senato.

Tutti contenti? Assolutamente no. Soprattutto per il sorprendente dato politico che ha caratterizzato questa soluzione: è stato un vertice tra i capogruppi di Pd e Pdl a decidere chi doveva andare dove per conto delle opposizioni senza averle minimamente consultate. E se, in qualche modo, i grillini avevano manifestato apertamente la volontà di mettere le mani sulla Rai, Sel non ha digerito affatto l’idea di dover lasciare sul campo il nome del loro candidato al Copasir Claudio Fava. “Voglio sottolineare  – dice Gennaro Migliore a ilfattoquotidiano.it – che questo accordo raggiunto dalla maggioranza non ha tenuto in alcun conto le posizioni e i candidati delle opposizioni, che non sono stati valutati ma scelti solo sulla base di convenienze mascherate sotto la formula di “equa distribuzione” che non può essere considerata in alcun modo accettabile. Non ritiriamo i nomi dei nostri candidati, anche se conosciamo fin da ora quale sarà l’esito del voto che, comunque, consideriamo scandaloso; paghiamo lo scotto di problemi interni al Pd che si scaricano su di noi senza che a noi sia data neppure la possibilità di dare la nostra opinione”. 

La base del ragionamento che viene portato dagli uomini di Vendola, in fondo, non fa una piega: la Lega non può essere considerata una vera opposizione in quanto non ha votato mai apertamente contro il governo, si è astenuta sul voto di fiducia. E per quanto l’astensione sia considerata voto contrario al Senato, alla Camera non c’è la stessa lettura politica, in virtù di un diverso regolamento, dunque la Lega è – casomai – un’opposizione solo a metà. Per quale motivo, allora, regalare ad una finta opposizione la gestione di una bicamerale così delicata come quella sui servizi segreti? Semplice: perchè l’uomo che Sel aveva scelto come candidato, appunto Fava, ha combattuto in passato battaglie di prima linea contro casi di vera e propria perdita di sovranità territoriale e di controllo dei nostri servizi come accaduto nel caso Abu Omar. E si riprometteva, per di più, di riaprire fascicoli antichi, dolorosi e scandalosi della storia recente italiana, per consentire di fare piena luce. Una “minaccia” che la strana maggioranza che tiene in piedi questo governo ha subito voluto sedàre, levando di mezzo Fava e mettendoci Stucchi: una garanzia, soprattutto, per la futura libertà di movimento dei servizi segreti americani sul territorio nazionale.

Meno sorprendente – anzi, quasi scontata – l’assegnazione della presidenza della Vigilanza Rai ai grillini. Che, però, sembrano avere poche idee e anche molto confuse su quelli che sono i reali poteri della commissione rispetto alla tv pubblica. Almeno a sentire quello che il neo presidente in pectore della bicamerale di San Macuto, appunto Roberto Fico, ha detto in un’intervista al Messaggero. “Sogno in una Rai risanata, l’esenzione del canone per le fasce più deboli e per tutti gli altri un canone più equilibrato a seconda delle fasce di reddito”. E poi ”canone più pubblicità non ha senso. Prima via l’uno, poi l’altra” (un fantastico favoere a Berlusconi, ndr). E ancora: “Dobbiamo entrare in un’altra era culturale rispetto a questo modo di concepire la tv pubblica – ha detto Fico – Se cambia la Rai, riusciamo a cambiare l’Italia”. Obiettivo finale: “Dar vita una Rai più moderna, che faccia sponda con la Rete. La tv come l’abbiamo conosciuta sta finendo, bisogna lanciare un futuro di integrazione con i nuovi mezzi di comunicazione: una televisione più multimediale, più interattiva, con contenuti creati anche dagli utenti”. Parole belle (e condivisibili) che, tuttavia, non potranno diventare in alcun modo realtà “controllando” la commissione di Vigilanza Rai. Che, è bene ribadirlo, non ha alcun potere sulla gestione diretta dell’azienda. A livello editoriale, l’unico potere che ha la bicamerale è quello di “indirizzo”, ma non esiste alcuna penale che l’azienda sarebbe chiamata a pagare in caso di violazione di questo medesimo indirizzo. Del resto, lo stesso Fico vorrebbe riformare la Vigilanza, e lo dice chiaramente in un’altra intervista, pubblicata questa mattina sulle pagine del Corriere, in cui propone la creazione di un “Consiglio degli audiovisivi” formato da cittadini e da dipendenti, dopo la cui nascita la commissione cesserebbe di esistere. 

La Vigilanza, poi, non ha alcun potere sulle nomine interne, sulla linea editoriale di Tg e Gr, sulla valorizzazione di Internet (che la tv pubblica ha sempre considerato non una sorella povera, ma poverissima) e, soprattutto, non può in alcun modo entrare nel merito delle scelte di palinsesto operate, in piena autonomia, dai direttori delle reti. L’unico vero potere della Vigilanza è quello di formulare i calendari delle tribune politiche prima delle elezioni e di esercitare un blando controllo sulla sua reale applicazione. In ultimo, la Vigilanza ha un ruolo nella scelta dei consiglieri d’amministrazione e di voto sul presidente dell’Azienda (che passa se ottiene i due terzi dei voti) ma questo succede una volta ogni quattro anni. Il Cda Rai è stato rinnovato di recente, giusto un anno fa. E questa legislatura potrebbe finire anche molto prima che ai grillini sia concessa l’ebbrezza di poter indicare un cittadino qualsiasi anche per il settimo piano di viale Mazzini. Insomma, le ambizioni rivoluzionarie dei 5 stelle sulla Rai rischiano di rimanere frustrate da regole che loro vorrebbero scardinare ma che neppure conoscono.

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