Un piccolo balzello per gli automobilisti, un grande incasso per l’Automobil Club Italia (Aci). Pochi ci hanno fatto caso, ma da qualche giorno per le pratiche automobilistiche si paga il 30 per cento in più. Non tantissimo in termini assoluti, meno di 7 euro a pratica, anche se in un momento come questo, con le vendite auto in picchiata, pure un refolo diventa spiffero. L’Aci minimizza e dice che si tratta di un aumento modesto, che oltretutto le tariffe erano ferme da 19 anni e considerando che gli italiani cambiano in media auto una volta ogni sei o sette anni, il rincaro su base annua è di appena un euro. Come un caffè.

Tutto vero. Se la faccenda, però, si guarda da un’altra angolazione e cioè ci si interroga sul motivo dell’aumento e ci si chiede a chi e a che cosa serve, allora cambia tutto. Quel piccolo rincaro appare non solo ingiustificato perché non copre alcun aumento di costi, ma serve all’Aci per incassare un bel po’ di quattrini e imbellettare bilanci sempre più sofferenti. Quel rincaro per l’Aci guidato da Angelo Sticchi Damiani è enorme: se si moltiplica il numero di pratiche automobilistiche del 2012 (circa 10 milioni) per l’aumento delle tariffe e si sconta la quota di una partita che riguarda le Province, si scopre che nelle casse dell’Automobil club pioveranno la bellezza di circa 40 milioni di euro in più all’anno. Un bel colpo.

Che l’aumento delle tariffe serva soprattutto a dare ossigeno all’Aci lo riconosce l’Aci stesso, anche se in forma obliqua e sfumata. E c’è scritto pure nel testo del decreto con cui il governo del professor Mario Monti in articulo mortis ha stabilito l’incremento lasciando così un bel ricordo di sé alla lobby dell’Automobil Club. L’Aci in una nota inviata al Fatto Quotidiano e il decreto affermano proprio con le stesse parole che il rincaro serve “a garantire l’autonomo equilibrio economico finanziario del servizio, in rapporto ai costi effettivamente sostenuti per l’espletamento dello stesso”. Ma di quale servizio si tratta e di quali costi? Per capirlo bisogna entrare nel sistema delle pratiche auto. In Italia il 75 per cento di questi documenti viene effettuato materialmente dalle agenzie private che quindi ora si dichiarano molto contrariate per i rincari, costrette a metterci la faccia con gli automobilisti clienti, a riscuotere materialmente e poi, come sostituti d’imposta, girare gli importi al Pubblico registro automobilistico (Pra) dell’Aci. In pratica i costi di gestione di questo sistema ricadono sulle agenzie, mentre il Pra incassa e ringrazia sentitamente.

Da anni governi e varie forze politiche mettono all’ordine del giorno proprio l’abolizione del Pra considerandolo un inutile e costoso doppione della Motorizzazione civile. Ma poi il Pra nessuno lo tocca per un motivo semplice: se davvero saltasse il Pubblico registro, cadrebbe con esso tutto il castello di carte dell’Aci, i suoi apparati, gli interessi, le clientele. Il Pra è il polmone finanziario e la colonna portante dell’Aci: senza Pra, niente Aci. In Europa solo l’Italia ha un sistema barocco imperniato su due entità diverse per la gestione delle pratiche automobilistiche. Solo qui l’automobilista deve rivolgersi a due soggetti diversi (Motorizzazione e Pra) per ottenere due documenti distinti, la carta di circolazione e il certificato di proprietà. Da più di un decennio funziona lo Sta, lo Sportello telematico dell’automobilista, che ha facilitato la vita a cittadini e imprese, ma il Pra è rimasto ugualmente al suo posto.

Nel frattempo il suo costo è schizzato alle stelle: dal 1994 (anno del precedente aumento tariffario) ad oggi, le spese di gestione del Pubblico registro sono aumentate di 911 milioni di euro. Solo nel 2011 c’è stato un incremento di 65 milioni (più 42,70 per cento). L’aumento delle tariffe rimette i conti a posto e fa tirare un sospirone di sollievo all’Aci che, dopo aver raffazzonato i bilanci recenti con un contributo straordinario della controllata Sara assicurazione e la vendita della sede di Aci Informatica in via Fiume delle Perle al Torrino a Roma, stava vivendo con angoscia la prospettiva di un bilancio 2013 da urlo. L’aumento delle tariffe copre i buchi, tanto paga il parco buoi degli automobilisti.

da Il Fatto Quotidiano del 12 maggio 2013

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