Non solo hanno provocato danni economici e alla ricerca, vanificando il lavoro di anni sullo studio di malattie gravi come Alzheimer, Parkinson, autismo, sclerosi multipla, ma rischiano di ottenere il risultato opposto a quello voluto, cioè far uccidere gli animali che volevano liberare. E’ questa l’accusa che i ricercatori dell’università Statale di Milano e del Cnr lanciano agli animalisti che una decina di giorni fa hanno occupato lo stabulario e il dipartimento di Farmacologia dell’università di Milano e del Cnr, portando via circa 200 roditori e una decina di conigli, aprendo le gabbiette e cambiando posto a topi, ratti e conigli rimasti, tenuti divisi in base ai trattamenti sottoposti.

Un’azione questa che ha provocato “danni incalcolabili, perché in questo modo non si sa che malattia abbia l’animale – spiega al fattoquotidiano.it Tullio Pozzan, Direttore Dipartimento di Bioscienze del Cnr – Molti di questi topi sono transgenici e per ognuno di loro sono serviti almeno due anni di lavoro e 3-4 ricercatori dedicati. Adesso sarà molto difficile dividere questi animali per patologia, come prima, perché servirebbe una tipizzazione genetica, molto costosa e per cui ci vuole almeno un anno di lavoro”. Così il rischio è che se non si riesce a dividerli, quasi duemila animali vengano soppressi. “Non possono essere liberati in natura – continua Pozzan – perché hanno sempre vissuto in gabbia, mangiano cibi controllati, alcuni hanno malattie genetiche e sarebbero subito preda di altri animali. Tutto questo ha annullato ricerche e finanziamenti ottenuti a fatica”.

Come hanno scritto in una lettera i ricercatori dell’istituto di Neuroscienze del Cnr di Milano, “le nostre ricerche sono finanziate da enti nazionali e internazionali tra cui Telethon, Airc, Fondazione Sclerosi Multipla, Comunità Europea, Ministero della Ricerca, Ministero della Sanità dopo processi di valutazione rigorosa. Gli animalisti si sono arrogati il diritto di bloccare le ricerche approvate dal Ministero della ricerca, condotte secondo tutte le norme nazionali e internazionali, finanziate da enti pubblici e da fondazioni onlus, sostenute dalle donazioni di cittadini generosi interessati alla salute pubblica”. Insomma, in un Paese dove ci si lamenta della scarsità dei fondi destinati alla ricerca, si finisce per sprecare quelli che si hanno.

“Alcuni ricercatori – aggiunge Pozzan – che avevano avuto finanziamenti specifici per studiare animali con determinati geni, ora rischiano di perderli o di dover vedere ritardati di mesi, se non anni, i risultati del loro lavoro”. Ecco perchè l’università di Milano e dal Cnr hanno denunciato gli animalisti, e deciso di fargli causa per i danni subiti, mentre i ricercatori, per la prima volta in Italia, sono scesi in piazza e protestare contro gli animalisti. Il giorno dopo il blitz infatti, una sessantina di loro ha manifestato a Milano, per denunciare la gravità dell’episodio e la falsità delle informazioni veicolate. ”Bisogna fare corretta informazione – precisa Andrea Tosini, membro di Pro-test Italia, associazione che raccoglie studenti, ricercatori e scienziati per fare corretta divulgazione sull’importanza degli animali nella ricerca biomedica – perché il messaggio che viene fatto passare dagli animalisti è che in laboratorio si torturano gli animali e che la ricerca sugli animali non serve a nulla”. Una falsità, come spiegano i ricercatori.

“Non esistono per ora – precisa Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano – metodi alternativi. Le colture in vitro su modelli cellulari infatti sono complementari ai metodi attuali e già vengono usate in tutti i laboratori. Una cellula in provetta è diversa da quella di un organismo animale, che è influenzata anche dal sistema nervoso, endocrino, dalla circolazione sanguigna e altre variabili. Del resto come si potrebbe studiare l’alterazione della memoria in una cellula in provetta?”. La sperimentazione sugli animali, dicono i ricercatori, per ora è una necessità, se non si vuole farla direttamente su bambini ed essere umani. “Si tratta di un delicato problema etico – affermano i ricercatori del Cnr – ma nei laboratori si rispettano tutte le norme stabilite in materia, che dettano prescrizioni precise su cibo, temperatura, spazio e cambi per questi animali. L’Italia è uno dei paesi con le regole pù rigide”. Inoltre, conclude Garattini, “è anche una falsità che si faccia la vivisezione. Gli interventi sugli animali si fanno con le stesse regole usate per l’uomo, quindi con l’anestesia. La sofferenza dell’animale renderebbe inutile l’esperimento”.

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